— Ciao Sergio. Ti scrivo per due ragioni. La prima è che ci sono momenti in cui mi immergo spontaneamente in una prospettiva ‘esterna’: continuo a guardare la realtà dal mio corpo, ma sento un collegamento profondo con la realtà intorno a me. Sono sempre io, ma mi percepisco quasi come fossi un prolungamento, un tassello in mezzo al tutto. Questo avviene soprattutto nella natura e quando non c’è confusione intorno a me.
— Avendo letto il Vivekachudamani di Adi Shankara sai che il Sé è il Testimone, cioè la Pura Coscienza indifferenziata, immutabile e sempiterna. Questa invariata Coscienza (che è al contempo anche Essere) testimonia gli stati di veglia, sogno e sonno profondo. Nel sonno profondo non c’è mondo, perciò la pura Coscienza testimonia Sé stessa. Per il realizzato il sonno profondo è il nirvikalpa samadhi, per una persona ordinaria è un buco nero. Nelle camere del sonno, gli sperimentatori destano i soggetti sperimentali non appena raggiungono le onde delta (il sonno profondo) e chiedono loro cosa stavano vivendo; tutti rispondono che erano in un buco nero. Questo perché sono abituati a credersi una persona immersa in un mondo pieno di fenomeni; non riescono a rendersi conto che erano pura Coscienza fusa nella pura Coscienza, ciò è troppo distante dai loro concetti.
Assumendo una prospettiva esterna si può sentire di essere Uno con tutte le cose: “Meraviglia delle meraviglie, tutte le cose hanno la stessa natura del Buddha”. Questo è il savikalpa samadhi in cui, pur trattandosi di uno stato unitivo, sussiste ancora un osservatore e un mondo osservato, anche se i due non sono separati.
In via subordinata si può sentire di essere un tassello che è parte del tutto. Qui l’egocentrismo non è estremo; è la prospettiva che raggiunge la maggior parte delle persone spirituali, ma siamo ancora nella dualità.
Da quanto scrivi mi pare di capire che oscilli tra il sentirti Uno con tutto e il sentirti una parte del tutto.
— L’altra ragione è che sto percependo sempre con più chiarezza la distinzione tra l’anima e il corpo fisico; inizio a vedere sempre di più come anche pensieri ed emozioni siano in qualche modo ‘esterni’ da me.
— Vedere che pensieri ed emozioni sono esterni da sé è un grande successo. Significa l’inizio del distacco della Pura Coscienza dalla mente.
Nell’Advaita Vedanta non esiste la nozione di anima, intesa come la parte spirituale dell’individuo che è separata dal corpo. L’anima individuale separata è ancora ego, anche se privo di un corpo fisico. Persa agli dèi dei vari Olimpi che pur non avendo un corpo fisico si combattono tra loro.
La Realizzazione avviene quando si comprende pienamente, e senza più decadere da tale comprensione, che questa presunta anima individuale non è altro che la Pura Coscienza.