Apprezzo il libro di Ranjit Maharaj, ‘Illusione versus Realtà’, per il potere di scardinare l’illusione. Ma illusione di che cosa? Illusione della dualità, della molteplicità apparente del mondo fenomenico.
Ma quando questa illusione è stata scardinata e si realizza che il mondo fenomenico non è altro che il Sé, non vi è più apparenza, o meglio, quello che appare è sempre e solo il Sé. A quel punto insistere nell’approccio negativo di neti-neti (non sono questo, non sono quello) diventa, secondo me, un limite, addirittura un impedimento al progresso spirituale, o una fuga.
Quando l’aspirante realizza di essere la Coscienza Universale, tutto il creato appare essere il suo stesso corpo, e gli tutti esseri sono figli suoi. Si instaura allora una dialettica tra istanze personali e consapevolezza dell’UNO che, attraverso innumerevoli crisi o passaggi evolutivi, porta verso il ‘completo’ debellamento delle istanze egoiche e, se già non vi è più ego, verso la Perfezione della forma del realizzato! Un conto è sentire che tutto è UNO e che i presenti sono tutti figli tuoi mentre fai il discorso della montagna, un conto è sentire che sono tutti figli tuoi mentre quelli piluccano l’uva godendosi lo spettacolo sella tua agonia sulla croce… Capite cosa voglio dire? Io credo che dopo il riconoscimento di essere la Coscienza Universale, iti-iti (io sono questo, io sono quello) sia l’approccio virtuoso. D’altra parte neti-neti non scompare affatto, ma entra in gioco solo quando ricompare l’illusione, e cioè che ciò appare è altro da te: la dualità.
Non pochi aspiranti alla liberazione sono poco sensibili sul piano umano. È questa la spiritualità? Uno chiuso in un presunto stato nirvanico che non si accorge che il fratello soffre? O non mostra riconoscenza, gratitudine verso chi l’ha amato e si è dato per lui quando era nel bisogno e nella sofferenza? Per me questo approccio è un rifiuto della REALTÀ, che include e la Realtà Trascendente immanifesta, e la Realtà Relativa di essere UMANI.
Permettetemi di esprimermi in termini semplici. Io sono l’Assoluto, ma se il ‘gioco divino’ mi ha fatto nascere uomo, per quanto possa essere un sogno io sento di dover imparare qualcosa da questo sogno, e in quanto Assoluto di doverlo integrare. E come si integra quel che appare diverso e separato, respingendolo? Mi pare proprio di no. Perciò consapevole di essere Assoluto, io affermo anche: SONO L’UMANITÀ TUTTA!!!
Da qui nasce la comprensione dell’importanza del Dharma nel significato di amore ed etica, che a qualche estremista shivaita talvolta sfugge. Buddha ha insegnato che tutto è VUOTO, che lo stato naturale è il Nirvana; ma anche insegnato la COMPASSIONE, il valore del SANGHA (la comunità dei praticanti) e l’importanza della pratica spirituale… Una contraddizione? Vi invito a rifletterci.
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