In inglese la chiamano I-amness. ‘I am’ significa ‘io sono’, il suffisso ‘ness’ crea il sostantivo, il trattino ti dice che è una sola parola. In italiano si tradurrebbe ‘Ioità’. Poiché suona strano, l’ho sempre tradotto ‘Io Sono’, e come me gli altri. Ma a volte c’è solo l’Io non collegato al corpo e alla persona – il ‘sono’ è implicito, perché l’io è entrambi essere e coscienza.
È un Io puro, pura Ioità, che c’è sempre e che testimonia tutto con la consapevolezza di non essere ciò che è testimoniato che invece è transeunte. È l’Io che scopre Ramana quando a 16 anni crede di stare per morire.
la Trascendenza è questa Ioità!
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La Ioità 2
Atmananda (Krishna Menon) la chiama il ‘Principio-Io’.
Non pensate che non appena la individuate appaia come il Sé pieno di Grazie e Beatitudine. È come un coccio freddo, ma puoi capire che è un punto stabile che non cambia. Il maestro allora ti dice: “Rimani aggrappato a questa Ioità”.
Man mano che la tua attenzione si focalizza sempre di più sulla Ioità, e si distrae sempre meno col non-Sé (il mondo e il corpo), questa Ioità comincia a riscaldarsi e a emanare sempre più luce, finché diventa quel Sé pieno di Grazie e Beatitudine che descrivono gli illuminati.
È come una storia fantasy. Il maestro ti dà un sasso, la Ioità, e ti dice: “Rimani aggrappato a questo sasso e lui ti condurrà alla liberazione”. Tu mantieni tutta la tua attenzione su questo sasso, e il sasso, a un certo punto, comincia a riscaldarsi e a emanare luce propria. Luce, e calore che non brucia, aumentano sempre più, finché la Ioità si mostra quale tua vera natura assoluta, l’Uno senza secondo.
“Io Sono l’IO SONO” (I am that I AM), dice Dio a Mosè, comunemente tradotto in italiano “Io sono Colui che sono” (Esodo 3, 13-15).
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La Ioità 3
Lascia perdere la mente e il senso dell’io personale e abbandonati alla Ioità.