Ramana Maharshi, Discorso 313
D. – Ieri Bhagavan ha detto che quando si persegue la ricerca interiore di Dio, il lavoro esteriore continua in maniera automatica. Nella biografia di Sri Chaitanya si narra che preso dall’ardore della ricerca di Krishna (il Sé), durante le lezioni agli studenti dimenticava spesso dove si trovava il proprio corpo e si metteva a parlare di Krishna. Questo aneddoto fa sorgere il dubbio se sia possibile abbandonare senza pericolo il lavoro a se stesso. Non bisognerebbe prestare parte dell’attenzione al lavoro fisico?
M. – Il Sé è tutto. Ora vi chiedo: “Siete separato dal Sé? Può il lavoro svolgersi separato dal Sé? Può essere il corpo separato dal Sé?”. Nessuno di questi è separato dal Sé. Il Sé è universale e dunque tutte le attività continueranno sia che le facciate coscientemente o meno. Il lavoro continuerà in maniera automatica. Prestare attenzione al Sé significa prestare attenzione al proprio lavoro.
D. – Il lavoro potrebbe risentirne se non gli prestassi attenzione.
M. – Poiché v’identificate con il corpo, credete di essere voi a fare il lavoro. Invero il corpo e le sue attività, compreso il lavoro, non sono separati dal Sé. Che importa se prestate attenzione al lavoro oppure no? Quando vi spostate da un luogo ad un altro, non prestate attenzione ad ogni singolo passo che fate e tuttavia, dopo un certo tempo, arrivate a destinazione. Notate come la vostra attività, in questo caso il camminare, sia fatta senza che vi prestiate attenzione. Lo stesso accade per gli altri tipi di attività.
D. – Ciò significa agire come un sonnambulo.
M. – Esatto. Quando un bambino è profondamente addormentato, sua madre lo nutre nel sonno e il bambino mangia con la stessa facilità di quando è sveglio. La mattina seguente però dice alla madre di non aver mangiato la sera prima. La madre e gli altri familiari sanno che il bambino ha mangiato, ma lui afferma il contrario perché in quel momento non era consapevole, eppure il fatto è successo. Il sonnambulismo è davvero una buona analogia per questo tipo di lavoro.
Un altro esempio. Un passeggero si è addormentato in una carrozza. Nel corso del viaggio i cavalli si muovono, rimangono fermi e a volte vengono staccati. Egli non è consapevole di quel che accade, ma al suo risveglio si ritrova in un altro luogo. E rimasto felicemente all’oscuro di quanto è avvenuto lungo la strada, ma è giunto a destinazione.
Lo stesso vale per il Sé del ricercatore, che è addormentato nel corpo. Il suo stato di veglia è paragonabile al movimento dei cavalli. Il suo samadhi è paragonabile al loro arresto (poiché jagrat sushupti è samadhi), vale a dire egli è cosciente delle azioni pur non essendovi attaccato. I cavalli restano attaccati (jagrat), ma non si muovono (sushupti). Il suo stato di sonno profondo corrisponde al distacco dei cavalli dalla carrozza, perché vi è la cessazione completa di ogni attività.
Ancora un altro esempio. Sullo schermo di un cinema si proiettano delle scene, ma le immagini che si muovono non intaccano o modificano lo schermo. Lo spettatore presta attenzione alle immagini e ignora completamente lo schermo. Le immagini non possono esistere separate dallo schermo, eppure l’esistenza di quest’ultimo viene ignorata. Allo stesso modo, il Sé è lo schermo sul quale si manifestano le immagini, cioè le attività. L’uomo presta attenzione alle immagini e ignora lo schermo (il Sé). Similmente, egli non è separato dal Sé: che ne abbia coscienza o meno le azioni (le immagini) continueranno.
D. – Al cinema c’è sempre un operatore.
M. – La proiezione di un film è costituita da un insieme di materiali inanimati. Lo schermo, le pellicole, il proiettore ecc. Questi essendo inanimati necessitano dell’intervento di un operatore, di un agente cosciente. Nel caso del Sé, l’operatore è la Coscienza stessa che è intrinseca al Sé, non può esistere un operatore separato.
D. – Non avevo confuso l’operatore con il corpo fisico.
M. – Si è fatto cenno alle funzioni del corpo per implicare la necessità di un operatore. Giacché vi è il corpo, un oggetto inanimato (jada), occorre postulare l’esistenza di un agente animato.
Poiché gli uomini pensano di essere dei jiva [anime individuali], Sri Krishna ha detto che Dio risiede nel Cuore come Colui che fa operare i jiva. In realtà non esistono né i jiva né l’operatore. Il Sé comprende tutto: è lo schermo, le immagini, lo spettatore, gli attori, l’operatore, la luce, il proiettore e tutto il resto. Il fatto che confondiate il Sé con il corpo e immaginiate d’essere un attore equivale allo spettatore che viene rappresentato come l’attore del film. Provate ad immaginare l’attore di un film che vuole rappresentare una scena senza lo schermo. Lo stesso è il caso dell’uomo che pensa di poter agire separato dal Sé.
D. – E come se si chiedesse allo spettatore di recitare nel film. Il sonnambulismo sembrerebbe desiderabile.
M. – Si crede che il corvo abbia una sola iride, che scambia dall’uno all’altro occhio ogni volta che deve guardare un oggetto. Ha soltanto un’iride, ma due cavità oculari. Così l’uccello modifica la sua vista secondo il suo desiderio.
C’è poi l’elefante, che ha una proboscide con la quale respira e che nello stesso tempo usa per fare molteplici lavori, come bere ecc.
Si dice anche che i serpenti usino lo stesso organo sia per vedere sia per ascoltare.
Allo stesso modo, le nostre attività e lo stato in cui siamo dipendono dal nostro punto di vista. Il sonno sveglio, la veglia addormentata, sognare di dormire, il sognare di essere svegli sono più o meno la stessa cosa.
D. – Abbiamo a che fare con un corpo fisico che si trova in un mondo fisico che è nello stato di veglia. Se dormiamo mentre lavoriamo o ci mettiamo a lavorare quando il sonno ci sopraffà, il lavoro andrà male.
M. – Il sonno non è ignoranza, è il vostro stato puro. Lo stato di veglia non è conoscenza, ma ignoranza. Nel sonno vi è piena consapevolezza. Durante la veglia vi è una totale ignoranza. La vostra vera natura comprende questi due stati e si estende oltre. Il Sé è al di là di conoscenza e ignoranza.
Sonno, sogno e veglia sono soltanto modi che passano davanti al Sé. Essi continuano che ne siate consapevole o meno. E il caso dello jnani, nel quale gli stati di veglia, samadhi, sogno e sonno profondo passano nello stesso modo in cui i cavalli trottano, restano fermi o vengono staccati (vedi l’esempio del viaggiatore addormentato). Tutte queste domande sorgono soltanto all’ajnani, altrimenti non si porrebbero.
D. – Certo non possono sorgere al Sé. Chi vi sarebbe lì per porle? Sfortunatamente non ho ancora realizzato il Sé.
M. – Quest’affermazione è l’ostacolo principale sulla vostra strada. Dovete sbarazzarvi dell’idea di essere un ignorante (ajnani) che deve ancora realizzare il Sé. Voi siete il Sé. Vi è mai stato un solo istante nel quale siete stato separato dal Sé?
D. – Si tratta dunque di un esperimento di sonnambulismo… o di sognare ad occhi aperti.
Bhagavan rise.