— Ti scrivo per dirti che può darsi che non ti scriva più. Ma non perché intenda interrompere la relazione ma perché presto non avrò nulla di che da dire. Mi sono osservata e mi sono vista vestire il mio essere di tanti strati, come inutili vestiti. Com’è diversa questa non-vita dalla vita che sentivo dentro di me fino a solo una settimana fa…
Se potessi esprimere un desiderio, vorrei vivere in un ritiro continuo. So che potrei viverlo se abbandonassi questo ego, che non ci sarebbe bisogno di un ritiro per vivere ciò che sono. Lo so, lo so. Grazie di tutto.
— Carenza di ‘vitamina Dio’ in te. Devi rafforzarLo.
La mente deve essere unidirezionata, in inglese ‘one-pointed mind’.
Io praticavo sei ore di meditazione naturale al giorno. Ma non puoi meditare tutto il giorno. Allora per tenere la mente nel ricordo del Divino traducevo scritture, e quando non dovevo tradurre le leggevo. Ma anche questo non bastava perché arriva un momento che hai bisogno di rilassarti, e quando mi rilassavo la mente tornava nei vecchi solchi.
Non sapevo come fare… Poi mi venne in mente di ripetere mentalmente il nome di Dio. Ripetevo mentalmente Dio Dio Dio Dio Dio… mantenendo forte il ricordo dell’esperienza più profonda che avevo avuto di Dio. Più recentemente è apparso cristallino il Vuoto/Nulla. Allora ho cominciato a ripetere il nome di Shiva, che per me è l’Assoluto senza forma né qualità. Ripetevo On Namah Shivaya.
Nell’Advaita Vedanta non si usa consigliare la ripetizione del mantra (japa), io la consiglio, perché non puoi mantenere la concentrazione per l’autoindagine tutto il giorno, allora quando hai bisogno di rilassarti e non far niente il mantra mantiene la tua mente sulla Realtà assoluta, la tua vera natura. Se si vuole la liberazione, bisogna diventare come un innamorato che non può fare a meno di pensare alla propria amata (ma senza necessariamente essere fuori di testa per i sentimenti).
Mantenendo la mente sempre orientata sul Divino, essa alla fine non cambia più. Si mantiene uguale anche quando entri nel sogno, cominci ad avere sogni lucidi, e la coscienza tende a per diventare un unicum continuum immutabile. Questo accade ai Ritiri a causa dell’intensità della pratica, l’assenza di distrazioni, il sostegno della relazione spirituale degli altri meditanti e del maestro e la forte sinergia che si crea tra loro.
A casa bisogna attrezzarsi per fare lo stesso. Se si vuole la liberazione si deve mantenere la mente unidirezioanta, ‘one-pointed mind’.
Su japa e sforzo, allego due passi tratti dai “Colloqui con Sri Ramana Maharshi”:
Colloquio 141
Dunque c’è uno stato oltre lo sforzo e il non-sforzo. Fino non è realizzato, lo sforzo è necessario. Dopo aver provato tale Beatitudine anche solo una volta, uno cercherà ripetutamente di riguadagnarla. Avendo sperimentato una volta la Beatitudine della Pace nessuno vorrebbe uscirne o impegnare se stesso in altre cose. È tanto difficile per uno jnani impegnarsi nei pensieri quanto per un ignorante esserne libero.
Colloquio 312
Voi state sempre ripetendo il mantra automaticamente. Se non siete consapevoli di dell’ajapa (il mantra non detto) che continua eternamente, allora dovete praticare japa.
Japa è fatto con sforzo, lo sforzo serve ad evitare altri pensieri.
Quindi il japa diventa mentale (ripetuto mentalmente) e interiore.
Alla fine realizzerete il suo ajapa [prima delle parole e dei concetti] e la sua natura eterna, perché vedrete che continua anche senza il vostro sforzo.
Lo stato senza sforzo è lo stato della realizzazione.