Jnana senza Bhakti è come una Ferrari col motore di una Lambretta. Secondo la concezione di Sri Jnaneshwar bisogna prima praticare il sentiero di Bhakti e poi praticare Jnana. Ma Jnaneshwar è vissuto nel 1200. Come fare oggi con Internet in cui si trovano tutte le informazioni possibili (o quasi), sia buone che cattive? C’è più offerta che domanda… Così io non trattengo alcun insegnamento, do tutto subito. Poi vado attraverso un dialogo con sadhaka tentando di cucire una sadhana adatta a lui. Ma a parte questa questione di metodo, il percorso Bhakti dev’essere completato! Il sadhaka deve stabilirsi nel regno dell’amore e della devozione, allora la Santità (sattva) penetra la Conoscenza e lo Jnani diventa un Re. Invece molti aspiranti jnani si fermano – se va bene – all’identità col testimone neutrale. Aurobindo racconta che Sri Ramakrishna, che era un santo, ebbe un dialogo con un sedicente jnani. Quest’ultimo sosteneva di non essere il corpo e perciò lasciava che il corpo facesse sesso e mangiasse quello che voleva. È ahimè un opinione non di pochi, ed è un’opinione molto parziale. In questo modo il Divino non penetra la manifestazione, che è illusoria nella sua apparente molteplicità fenomenica, ma nell’essenza è il Divino stesso. Viene a mancare il senso di Sacro o Santo, viene meno il senso del Dharma (giustizia) e non si capisce perché tanti Avatar si siano incarnati per non lasciare decadere il Dharma e mantenere la coscienza del Sé su questa terra. Tutti loro, Krishna, Gesù, Buddha ecc. sarebbero degli illusi secondo questa misera opinione. Il povero Ramakrishna rispose “Sputo sul tuo dharma”…