R., il Testimone è il Sé, e la Consapevolezza pura, neutra, fino a non sapere cosa vede, esattamente come una lastra fotosensibile non sa cosa ritrae.
Contemplare il Testimone significa: la Consapevolezza che osserva la Consapevolezza.
La contemplazione ti porterà a fonderti: Consapevolezza nella Consapevolezza, né più oggetto né più soggetto.
I pensieri si acquietano o si fermano, il mondo sparisce. Puoi anche non sapere che sei nello stato unitivo e te ne accorgi quando ne sei uscito.
La pratica della ‘Consapevolezza che osserva la Consapevolezza’ è la vera Rinuncia. Puoi andare nella foresta o in una grotta sperduta e portarti dietro tutta la mente. Puoi dare tutti i tuoi averi e non possedere più niente, ed essere più desideroso di un ricco.
Ma se pratichi ‘la Consapevolezza che osserva la Consapevolezza’, QUELLA È LA VERA RINUNCIA, perché perdi il tuo io personale e perdi il divenire, la manifestazione, il sogno…
Infatti per praticare bene DEVI ESSERE CONSAPEVOLE che è la pratica più shaiva che puoi fare, devi essere consapevole che stai facendo la vera rinuncia, altrimenti prima o poi la lasci andare. Solo il vero rinunciante continuerà fino alla morte definitiva dell’io personale.
Invece di pensare, di indulgere nell’esame di ciò che appare nella tua mente, riporta l’attenzione al Testimone, e stai lì senza distrarti: è la Consapevolezza che osserva la Consapevolezza.
Ecco perché Sri Ramana dice: «La vera rinuncia è rinunciare ai pensieri».
Per rinunciare ai pensieri, contempla la Consapevolezza stessa, fino a un punto che sei Quello: la Pura Consapevolezza Stessa. Essa contiene al contempo Totalità e Individualità, ma è universale, non personale; include tutto e nello stesso tempo è al di la di tutto.
Hai abbastanza amore per il Sé, per Shiva da rinunciare a te stesso?