La crisi tipica del mio stato è quella di voler mollare tutto e scomparire nel Sé. È fortissima, soprattutto se non siete ancorati a responsabilità sociali – famiglia e figli minori –; comunque, le biografie dei maestri indiani, ove la tradizione dell’eremitaggio è forte, dimostrano che non pochi di loro hanno mollato pur avendo famiglie.
Nel mio caso, i raptus di annullamento vorrebbero che mollassi tutto; ma se lo facessi quel poco di credito e di fiducia che sono riuscito a creare presso i ricercatori dal settembre 2012, andrebbe presto perduto, né potrei occuparmi più dei miei figli-allievi. Però non c’è un ego interessato a salvare tali conseguimenti…
Io non programmo niente, o se lo faccio è a breve termine. Le cose compaiono, e man mano che compaiono, mi appare la strada da seguire.
Al mio livello non c’è più un ego. La struttura psicofisica può funzionare (anche se non sempre al meglio…): un io funzionale, una mente capace di fare calcoli, energia, forza di volontà ecc., ma se vado a cercare un ‘io’ da cui tutto questo parte e a cui tutto questo si riferisce, non lo trovo. Se insisto a cercare il Soggetto, trovo sempre la Coscienza universale, impersonale, silente, che non è certo un ‘io’ individuale o personale.
Il Ritiro mi è apparso quando due allievi (adesso sono tre) hanno raggiunto la stabilità nel Sé durante lo stato di veglia; stabilità che adesso si sta gradualmente propagando anche al sogno e al sonno.
Io conoscevo il format dell’Intensivo di Illuminazione (che a sua volta deriva da quello del sesshin zen) avendone in passato guidato una ventina come maestro e preso parte a una 70ina come allievo e assistente. Questo format è potentissimo! Ha una struttura in grado di portare da sola a destinazione maestro e partecipanti, bisogna solo tenerla oleata, farla procedere senza intoppi (ecco perché sono necessari assistenti maturi, consapevoli e preparati; se poi ci metti lì come maestro uno con una buona consapevolezza, hai il Top!
La formazione dei maestri avviene in questo modo. Si comincia a fare esperienza come 3° assistente, che è addetto alla cucina; poi si passa a 2° assistente, che aiuta sia in cucina sia il 1° assistente nel seguire i partecipanti e tutta l’organizzazione del Ritiro, e stando in sala può già fare un certa esperienza di come il maestro guida la meditazione e di dokusan (i colloqui individuali); poi si diventa 1° assistente. Il 1° assistente, così formato, è veramente maturo quando ha raggiunto una buona consapevolezza del Sé. Ora può avere l’esperienza di organizzare da solo un intero Ritiro per il maestro, e stando vicino al maestro apprende come guidare il ritiro dal punto di vista della meditazione. Se il maestro si ammala e non è più in grado di guidare il ritiro, è il 1° assistente che deve portarlo a termine. A questo punto, se ne ha vocazione, è pronto per guidare un ritiro come maestro. Se vuole, al primo ritiro, può invitare il maestro per avere un feedback sul suo lavoro. È d’uso, e naturale espressione d’amore, che la famiglia spirituale vada al primo ritiro di un maestro per sostenere questo battesimo e brindare con lui/lei.
L’intensivo di Illuminazione però aveva un problema, o limite: è diretto ad ottenere un’esperienza diretta. Questa fu la visione del suo inventore, Charles Berner (Yogeshwar) quando lui era giovane. E questo creava un bel po’ di forzature. Tutto diventava più difficile, e faticoso, e stressante, e molte crisi… In virtù dello stato che la Grazia mi ha concesso e allo studio degli insegnamenti di Bhagavan Sri Ramana Maharshi, vidi immediatamente vidi, in un lampo, che la cosa più naturale da fare era ‘QUELLO CHE GIÀ È’, che è ‘ESSERE REALIZZATI’, ossia ‘REALIZZARE CIÒ CHE GIÀ È’, che è ‘STARE/DIMORARE NELL’ESSERE’.
Incredibile, mi ero chiesto tante volte come si potesse migliorare l’Intensivo e improvvisamente la visione mi arrivo in un lampo, non appena due allieve divennero stabili. La meditazione diadica dell’Intensivo (cui ho dato il nome: ‘STARE NELL’ESSERE’) ora non è più rivolta al cercare di ottenere uno stato, un’esperienza diretta che prima o poi si perse, ma direttamente e semplicemente alla REALIZZAZIONE. Due le possibilità: 1) l’aspirante apprende il Vero Dimorare nel Sé, 2) l’aspirante Diventa Stabile. Non è poco! Leggetevi le biografie di chi ha tentato di praticare l’autoindagine da solo. Durante la meditazione, al Ritiro potete andare dal maestro a chiarire la tecnica e cosa state sperimentando: non è poco! Si risparmiano anni di pratica e di sforzo. Inoltre al ritiro si crea la sinergia di molte coscienze dirette al Sé, che consentono di superare blocchi mentale personale, che altrimenti richiederebbero ben altro sforzo e tempo.
Della meditazione diadica parlerò una volta che ne sono ispirato, ma quello che voglio dire ora, senza false modestie, è che sono poche le scuole (‘scuola’ non intesa in senso istituzionale, di organizzazione, ma come trasmissione di insegnamento, retta unicamente dall’affinità, dall’amore, dalla devozione) dotate di un tale potenziale metodologico e di maestri con una reale consapevolezza del Sé. Sì, c’è lo zen, c’è lo dzogchen… li ho praticati. Ma anche lì spesso non è facile trovare un insegnante realmente realizzato; allora tutta la pratica perde di vista l’essenza e si impregna di aspetti formali e relativi alla tradizione culturale, cosa che spesso rende difficile la comprensione dell’insegnamento.
Nella mia crisi tipica, mi ha aiutato l’esempio di due sorelle: Antonella Śūnyatā e Mari Stella Roversi. Hanno una condizione di vita abbastanza simile: entrambe una figlia adolescente, entrambe single con impegni di lavoro spesso stressanti, entrambe senza ego…
Così mi sono detto: ok, faccio finta di avere un figli e porto avanti questa cosa come servizio, senza ego – tra una crisi di dissolvimento e l’altra…
Io ho una visione di come si potrebbero sviluppare i Ritiri e questa linea di maestri che il Divino ha voluto dare – e che non è certo dipesa da Sergio –, ma ve la risparmio. Se ci sarà, a Shiva piacendo, la vedrete.
Vi Voglio Bene!!! Grazie per farmi continuare a esistere