— Carissimo Sergio, volevo ringraziarti per gli ultimi bellissimi post. Mi hanno fatto capire come l’osservatore sia sterile senza l’abbandono; soprattutto mi hanno fatto capire come lo stare nell’Osservare con abbandono sia esso stesso centrarsi nel Sé.
— Il Testimone, l’Osservare, compreso e praticato bene diventa alla fine Consapevolezza che Contempla la Consapevolezza. Inizia quindi la battaglia perché tale contemplazione sia il più continua possibile. Poi iniziano i samadhi, in principio brevi e poi sempre più prolungati. Col graduale identificarsi nel Pura Consapevolezza, avviene una completa trasformazione: da persona manifesta, immersa in un mondo duale, fenomenico e manifesto, a Pura Consapevolezza trascendente priva di forma e limiti. Un’aspirante continua a scrivermi: “So che ci SONO ma non riesco a definirmi”. Per forza! Come puoi definire ciò che è prima dei nomi, cioè prima della mente? Nisargadatta ammoniva: “Cerca di non definirti”. Gliel’ho spiegato, ma lei insiste. Ognuno ha la sua croce
È in questa conversione che cadono tutte le identificazioni con l’umano e il mondo, e alcuni passano la cosiddetta crisi di manonasa. È qui che avviene la vera morte dell’individuo e della storia infinita; non quando il corpo muore.
Quando non hai più un ego, come può non esservi abbandono? L’ego è la negazione in essenza dell’abbandono. E senza abbandono alla Realtà trascendente, come si potrebbe mai vincere l’ego?
Questa è la definitiva rinuncia: la perdita dell’identità individuale e separata legata al corpo. La rinuncia alla morte per la vita eterna. Qualcuno mi scrive “Vedo il Sé ma solo in parte”. Come potresti mai vederLo pienamente se credi ancora che esista la tua persona? Ma ognuno ha la sua croce