la non-azione

La Non-Azione comporta due elementi: la rinuncia all’ego e a tutte le manifestazione egoiche e l’abbandono al Divino. Da ciò zampilla la devozione!

Nello Yoga Naturale l’aspirante, mantenendo ferma l’idea di non essere l’agente, entra nella pratica lasciando che sia Dio, sotto forma di Shakti, a compiere la sadhana. Ciò non significa che non faccia niente: mantiene la disciplina per gli orari della pratica, la dieta, l’etica, lo stile di vita… ma quando pratica lascia che sia la Shakti ad essere l’agente. Qui l’aspirante si abbandona al Divino sotto forma di pratica spirituale. Partendo da tali presupposti iniziali, via via che il sadhaka matura vede sempre di più che la sadhana non è costituita solo dalle sessioni dedicate a determinati esercizi ma è tutta la vita. Allora diventa sempre di più ‘rinuncia all’egoico’, ‘abbandono al Divino’ e ‘devozione’, fino a che ogni sua azione, nessuna esclusa, è una preghiera a Dio.

Ciò avviene in ogni via realizzativa; altrimenti come si smantellerebbe il senso di essere l’agente che è un fondamento dell’ego?

Alessandra Ferri, fulgida anima e per me la più grande ballerina del mondo, diceva: “Quando [dopo estenuanti esercizi] il corpo e completamente sotto controllo, si può non più badargli; allora l’anima è pienamente libera di esprimesi”.

Allo stesso modo, quando l’aspirante ha compreso tutto l’insegnamento e padroneggia la pratica, rinuncia all’azione abbandonandosi alla sadhana stessa, lasciando che sia questa, e non il proprio ego, a condurlo alla Grazia.

A voler essere tecnici, la Grazia è lo sciogliersi del nodo della mente, cioè realizzare che la mente non esiste.