Un aspirante spirituale degno di questo nome deve aver appreso come pregare, e accedere al contatto con Dio attraverso la preghiera tutte le volte che lo desidera o lo ritiene necessario.
La preghiera è un contatto con il Divino attraverso le parole. Ci si rivolge al Divino per qualsiasi cosa: per la guarigione, per un bisogno, per aiutare gli altri… Molti snobbano questo metodo perché lo ritengono duale, e poi a chi prego se Dio sono io stesso? È un punto di vista molto erroneo che apparirà chiaro quando avrò spiegato la preghiera.
1. SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ – Quando pregate per gli altri inviate al destinatario le vostre benedizioni ma lasciate che sia Dio a decidere cosa sia meglio per lui. Ad esempio, prego per una determinata persona che soffre, invoco il Divino perché l’aiuti, ma non decido come Egli debba aiutarla. Questo, oltre ad essere il modo più corretto di pregare per quella persona, vi mette anche al riparo da intromissioni del vostro ego che comporterebbero pio un karma a vostro carico.
2. SE INVECE SIETE COINVOLTI PERCHÉ SI TRATTA DI VOI O DI UN VOSTRO CARO – Va bene che presentiate a Dio i vostri desideri. Ad esempio, mio figlio rischia di morire e io prego di salvarlo. Oppure rischiate di morire per qualche ragione e pregate Dio che vi salvi: per completare la vostra sadhana, per assolvere ai vostri impegno sociali e familiari, o anche solo perché non vi sentite pronti.
Non seguite quelle storie che dicono che il padre prega per la vita del figlio dando in cambio la propria; così alla fine il figlio sopravvive e il padre muore… Pensate che Dio sia così taccagno? È quel padre che non si sente adeguato e che non ha sviluppato un contatto con Dio attraverso la preghiera; allora, messo alle strette, per trovare l’intensità necessario offre la sua stessa vita.
3. PAROLA CHIAVE: INTENSITÀ! – Quando iniziate una sessione di preghiera, ripetetela fino a ché non sentite che avete raggiunto la massima intensità del cuore e della consapevolezza. Solo allora potete, se volete, interrompere la sessione. Oltre quella intensità c’è il Silenzio e lo Stato di Unione. Capite quanto sbagliano quelli che snobbano la preghiera? Non hanno capito di cosa si tratta.
Perché alcune preghiere non si avverano? Se pregate per altri, è perché quella persona non desidera quello che gli state augurando. Ad esempio, voi pregate perché sopravviva e lui desidera abbandonare quel corpo. Se pregate per voi stessi, è perché non avete raggiunto l’INTENSITÀ massima; allora mentre una parte di voi prega per raggiungere un miglioramento, un’altra parte inconscia pensa che meritate di soffrire e vuole continuare a star male. Però, se voi raggiungete l’INTENSITÀ massima, la parte inconscia che si oppone al miglioramento sarà bruciata dall’intensità che vi porta davanti al FUOCO del contatto con Dio.
La pratica della preghiera così come ve l’ho descritta ACCENDE IN VOI AGNI, il Fuoco Divino che brucia tutte le impurità che ostruiscono il vostro fondervi con Dio. Se ad esempio fate meditazione, vi impedisce di accomodarvi in una pace borghese ed egoica senza progredire; almeno fino a quando il dolore non vi rimette in moto. Pensate alle preghiere recitate formalmente e senza coinvolgimento da ministri del culto di qualsiasi religione. Non è a queste che dovete aspirare, aspirate alle preghiere dei Santi. Io vi ho dato il metodo per raggiungerle. Il metodo è l’INTENSITÀ! Continuate la sessione di preghiera fin quando non avete raggiunto la MASSIMA intensità di Bhakti e Jnana, di Cuore e Consapevolezza. Cuore è il totale amore, e consapevolezza è la chiara coscienza di quel che state facendo.
Questo bagaglio, la Preghiera, non può mancare a nessun sadhaka!, che sia orientato a Jnana, a Bhakti, a Yoga, a Karma o all’abbandono a Shakti.
Spero che i miei allievi mi riportino i loro successi nella pratica della preghiera.