Il Sé è oltre le qualità, ma per ottenere la Liberazione l’aspirante deve avere delle doti. Queste sono tutte volte a silenziare la mente e a favorire l’abbandono al Vero Io impersonale.
Le principali sono: amore e devozione, umiltà, abbandono al Divino, fede in Dio e negli insegnamenti degli Acharya.
In Aparokshanubhuti (Autorealizzazione), Adi Shankaracharya elenca le qualità che dovrebbe avere un aspirante alla Liberazione:
2. Qui si espone il mezzo per raggiungere l’Aparokshanubhuti (Autorealizzazione) per il conseguimento della Liberazione finale. Solo i puri di cuore dovrebbero meditare costantemente e con ogni sforzo sulla verità qui insegnata.
4. Come si indifferenti agli escrementi di un corvo, così bisognerebbe essere indifferenti a tutti gli oggetti sensibili di godimento perché impermanenti, da quelli del Brahmaloka a quelli di questo mondo. Tale indifferenza-distacco è in verità chiamata puro Vairagya.
5. L’Atman, il veggente, è il solo permanente, mentre ciò che è visto e che gli si sovrappone è transitorio. Un tale riconoscimento così stabile è conosciuto come discriminazione.
6. L’abbandono dei desideri conduce a Shama, la calma mentale. A sua volta Shama conduce a Dama, il controllo delle funzioni degli organi vitali.
7. Il più alto autocontrollo (uparati) avviene quando ci si astrae completamente dagli oggetti dei sensi, mentre la pazienza perseverante di fronte al dolore è conosciuta come titiksha, la portatrice di felicità.
8. La fede nelle parole dei Veda e dei Maestri che le interpretano è conosciuta come Shraddha, mentre la concentrazione della mente sul Sat (l’Essere, il Brahman) è conosciuta come Samadhana.
9. O Signore, quando e come sarò libero dai legami col Samsara (i cicli di nascite e morti)? Un tale ardente desiderio di liberazione è chiamato Mumukshuta.
10. Solo chi possiede queste qualità preliminari dovrebbe meditare costantemente per realizzare la Conoscenza dell’Atman, desiderando il proprio bene.
Elencate le qualità preliminari, nel verso 11 Sri Shankara inizia a parlare di Vichara (l’autoindagine) come mezzo per la conoscenza suprema.
11. La conoscenza non è realizzata da nessun altro mezzo se non Vichara, proprio come un oggetto non può essere percepito senza l’aiuto della luce.