In una comunità di allievi non è tutto disneyano. Come l’abate di un monastero a me tocca anche l’ingrato compito di muovere contestazioni e decidere espulsioni. Quando devo farlo, agisco solo quando non vi sono più moti di Sergio. Se invece sbaglio lo dichiaro subito e mi scuso, e sono sempre pronto a fare autocritica anche per errori passati.
L’ingrato compito comunque può comportare che relazioni personali, incluso relazioni che erano state molto care, vadano perse. È spiacevole ma il dolore della separazione può essere evitato.
Interiormente l’UNITÀ rimane inalterata. Colui che ha sbagliato, al quale muovo una contestazione o addirittura commino l’espulsione, son’io stesso. Perciò non c’è separazione, anche se la separazione potrebbe avvenire sul piano esteriore. In altri termini LA SEPARAZIONE AVVIENE SOLO ESTERIORMENTE.
Inutile dire che chiunque, persino Hitler, può rientrare in relazione con me se si è reso conto del suo errore; ma capitata assai di rado. Se si è arrivati a un’espulsione vuol dire che l’espulso ha deliberatamente ignorato innumerevoli inviti a modificare il suo comportamento erroneo; perciò dopo l’espulsione in genere continua nel suo punto di vista e saranno le esperienze della vita a insegnargli il modo giusto… Per questo, dal punto di vista evoluzionistico, andiamo attraverso molte vite.