Di fatto, da un punto di vista pratico, la via in salita si conclude con la stabilizzazione del Testimone.
Gli aspiranti chiedono spesso quando raggiungeranno i samadhi prolungati, così come leggono sui libri spirituali.
La risposta è: quanto è forte il tuo Testimone? Nella meditazione formale in che percentuale sei coinvolto dai contenuti mentali? Il 50%? Allora come credi di poter entrare in samadhi prolungati con quella percentuale? E fuori dalla meditazione formale… qual è la percentuale delle volte in cui sei il Testimone? 10, 15, 20%? E l’altro 80?
Il Testimone non è facile, è una lotta con se stessi e ha bisogno di ‘tempo per maturare’. Se non gli date tempo e volete dei risultati veloci, vi ritirerete ben prima di stabilizzarlo; è come chi che inizia lo studio del pianoforte pensando che in un mese, massimo due, sarà in grado di dare un concerto. Quando il testimone matura è spontaneo e senza sforzo, è un punto di quiete stabile dentro di voi. Non è ancora la liberazione ma da lì in poi la via è in discesa.
Quel punto di quiete si tramuta nel Sé sempre presente e il testimoniare si tramuta nel dimorare in samadhi. Il concetto del Sé-testimone svanisce – il Sé è Essere-Consapevolezza non testimone. Il samadhi è di due tipi: savikalpa con oggetti e nirvikalpa (che è un assorbimento vero e proprio) senza oggetti. La storia di Bernadette Roberts è eloquente, e vi invito a studiarla come fase della via in discesa. Per la verità lei fatica ancora un po’, ma solo perché le scritture cattoliche non le offrono esempi né un quadro di riferimento che le spieghi cosa le sta accadendo, deve scoprirlo da sola…
Si può testimoniare tutto, anche il dolore fisico; anche la morte e il dopo morte, dice Sri Ramana Maharshi.
Quando il samadhi diventa continuo si entra nel sahaja samadhi che è la Liberazione.
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