— Caro Sergio, devo confessarti che provo avversione e voglia di offendere le persone che mi fanno male. Molta voglia!… tanto che alle volte ci penso consapevolmente.
— Lascia pure che questa avversione si mostri dentro di te. L’importante è che non là lasci uscire. Se la lasci uscire rafforzi l’identificazione e il coinvolgimento con questo loop, o meccanismo stimolo-risposta, mentre se la controlli e lasci che si mostri solo dentro di te, prima o poi te ne disidentificherai.
Tieni anche conto che le dinamiche mentali prima di scomparire spesso si ingigantiscono. Ad esempio se uno ha il problema di nutrire avversione verso gli altri che crede gli abbiano fatto dei torti, praticando può arrivare a sentirsi Attila e avere delle crisi di rabbia violentissime. Allora si spaventa e dice: “Ce la sto mettendo tutta e guarda che c’è sotto…”. Invece se non lascia uscire quella distruttività (il che lo coinvolgerebbe), dopo la crisi acuta in genere quella dinamica tende a scomparire o ad attenuarsi parecchio.
— In effetti ce la sto mettendo tutta, e le cose, tutte, mi si girano contro in ogni ambito della mia esistenza. Resto però sempre fermo su ciò che ha significato, sulla pratica. Tutto comunque passa e spero che, come mi dici, scompaia velocemente. Guardo in faccia paura e disperazione e la mia piccolezza.
— La vita umana è mostruosa. Quelli più sensibili, ma non ancora una fortemente consapevoli di come stanno le cose sul piano spirituale, fanno fatica ad adattarsi. Essi in più soffrono perché, credendo di essere delle persone, si sentono colpevoli di non essere capaci abbastanza: ad avere successo nel lavoro, nelle relazioni, nello studio ecc… La svolta avviene quando finalmente capiscono che non sono loro il problema, ma che la vita è il problema! Allora si dedicano completamente alla pratica spirituale e, se non hanno responsabilità sociali, non si preoccupano più di fare andare bene le cose nella vita; si sforzano di avere quel minimo di capacità che garantisca loro la sopravvivenza, ma non si sentono più in colpa se non hanno successo come persone.
— Hai colto nel segno: mi sento persona e non riesco ad abbandonare l’idea, perché fondamentalmente credo che si possa salvare l’io che è nato sulla terra, o almeno integrarlo… Devo capire, allora poi abbandono; non riesco a fare l’inverso, pur nella sofferenza.
— Hai colto nel segno!!!
Comunque, io trovo che quando la mente è molto turbata – il che significa che l’energia psichica è sovrastante – è molto utile la meditazione Vipassana. Il tenere l’attenzione sulle sensazioni fisiche del corpo con l’intenzione di non reagire e tenere il corpo fermo, sgonfia l’energia psichica in eccesso. Inoltre osservando tutte quelle sensazioni fisiche l’aspirante comprende più velocemente di non essere il corpo, e quindi di non essere una persona. Allora tutta l’enorme drammatizzazione che poggiava sull’assunto di essere una persona tende a sgonfiarsi.
L’autoindagine, essendo essa stessa molto psichica, potrebbe essere poca adatta nei casi di grande turbamento mentale. Tienilo presente se il turbamento diventa troppo forte. Io ne ho un’esperienza diretta. Quando morì mia moglie non la presi sportivamente e andai piuttosto fuori di testa; in quella condizione alterata, chiedermi ‘chi sente questo e quello’ non mi fu di grande aiuto.