l’aspirante con una mente debole

Cominciamo col definire mente debole e forte secondo Sri Ramana Maharshi.

È forte la mente che può focalizzarsi su un solo oggetto senza distrazioni. È debole il contrario.

Quando l’aspirante ha una mente debole, pur avendo esperienze dirette, ricade continuamente nei contenuti mentali. Per rafforzare la sua mente deve allenarla a concertarsi su un solo oggetto.

Per noi l’oggetto è la ‘sensazione-io’. Individua l’Io e mantieni la tua attenzione concentrata lì. Il cuore dell’io è il Sé, l’io-ego è solo il Sé con delle sovrapposizioni. Mantenendo la tua attenzione concentrata sulla sensazione-Io, le sovrapposizioni gradualmente sublimeranno come canfora al sole, lasciando apparire il vero Sé, e allora la concentrazione si tramuterà nel dimorare nel Sé. Quando il Sé si offusca, riprendi nuovamente la concentrazione sulla sensazione-io.

Qui comunque non ci preoccupiamo di dimorare nel Sé, ciò avviene spontaneamente; qui curiamo di non staccare l’attenzione dall’io. Questa concentrazione per ora è con sforzo, ma infine si tramuterà nel sahaja senza sforzo, come il bruco si tramuta nella farfalla. Ciò è possibile grazia al fuoco dell’intenso tapas di tale ininterrotta concentrazione, cui nessuna impurità può resistere. Quanto si illude chi, avendo ottenuto solo qualche esperienza diretta, crede di poter raggiungere l’illuminazione senza tale intenso tapas.

Per dissolvere il mondo e sussumere l’intera manifestazione nel Sé, è necessario che l’attenzione sia unidirezionata sull’Io. Raggiunta una massa critica, l’attenzione rimane concentrata sul Sé senza sforzo; ma prima lo sforzo e necessario! “Quando è con sforzo si chiama sadhana, quando è senza sforzo si chiama realizzazione” dice Sri Bhagavan.

La conversione comunque non avviene gradualmente, è subitanea. È una conversione immediata in cui l’attenzione, che prima puntava all’esterno, è ora fermamente rivolta al Sé in modo spontaneo; il mondo e l’ego spariscono di colpo e l’aspirante si ritrova centrato nel Sé: Uno senza secondo.

Perché parlo di sensazione-io e non di pensiero-io. Il pensiero-io è l’idea: “Ah, io sono un individuo diverso e separato dagli altri” che dà luogo all’ego. Poi da quest’idea nasce un sentire, ed è quello che percepiamo come sensazione-io.

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Alcune citazioni dalla Sri Ramana Gita a completamento dell’articolo:
1, 10. La continua fissità nel Sé è il solo mezzo di liberazione dalla schiavitù.
1, 12. senza pratica spirituale non può esservi realizzazione.
1, 14. Rimanere nel proprio stato naturale come fiamma della conoscenza, dopo aver rigettato completamente gli oggetti dei sensi, si chiama ‘stato naturale’.
2, 4. Daivarata: In breve, con quale pratica spirituale si diventa consapevoli della propria vera natura? Quale sforzo produce la gloriosa visione del Sé?
2, 5. Sri Bhagavan: Ritirando con lo sforzo i pensieri dagli oggetti dei sensi, bisogna rimanere fermamente concentrati nella pura, costante e assoluta ricerca del Sé.
2, 6. Questa è in breve la via più semplice per conoscere la propria natura; solo facendo questo sforzo si produce la gloriosa visione interiore.
7, 23. La meditazione su un solo pensiero rende la mente concentrata, e questa concentrazione conduce alla permanenza nel Sé.
9, 12. Quando un uomo dotato di discriminazione diventa distaccato e, abbandonata l’idea di essere il corpo, inizia a cercare sinceramente con mente concentrata, le nadi vengono agitate come in una zangola.
9, 13. Con questa zangolatura delle nadi, il Sé si separa da esse e si concentra solo nell’amrita nadi, ove risplende come chiara luce.
9, 14. Quando la luce della coscienza viene concentrata solo nell’atma nadi, risplende soltanto il Sé.
9, 15. Allora perfino gli oggetti vicini non sono percepiti separati. Il saggio percepisce il Sé così intensamente come l’ignorante percepisce il suo corpo.
9, 16. L’individuo per il quale risplende solo il Sé – dentro, fuori e ovunque – come il mondo di nome e forma per l’ignorante, ha reciso il nodo (granthi).
9, 17. Il granthi è di due tipi: quello delle nadi e quello dell’attaccamento mentale. L’Atman, pur essendo sottile, percepisce l’intero mondo grossolano attraverso i canali.
9, 18. Quando la mente è ritirata da tutte le altre nadi ed è concentrata solo nel canale principale (sushumna), il legame con il corpo viene reciso e si rimane il Sé.
9, 19. Il corpo di chi ha realizzato il Sé attraverso la ricerca risplende come una massa di ferro incandescente che sembra di fuoco.
9, 20. Allora le tendenze latenti del passato, relative al complesso psicofisico, sono distrutte; e non vi è più il senso di essere l’autore delle azioni, perché non vi è coscienza del corpo.
9, 21. Si dice che il karma venga distrutto quando non si ha più il senso di essere l’autore delle azioni; allora non sorgeranno più dubbi, perché esisterà soltanto il Sé.
9, 22. L’individuo il cui nodo è stato reciso non tornerà più ad essere legato. Questo è lo stato della shakti trascendente e della pace suprema.
10, 18. Chi è fermamente stabilito nello stato naturale (sahaja) è sempre impegnato a compiere spontaneamente il tapas più arduo. In quello stato non vi è indolenza.
10, 19. La forma migliore di tapas è rimanere naturalmente nel Sé. Impegnato costantemente in questo tapas, lo jnani matura continuamente.
14, 3. La jivanmukti è la costante permanenza nel Sé, non toccata dai pensieri del mondo o dalle idee delle sacre scritture.