l’avvicinarsi dello stato senza sforzo

Amato buongiorno.

Ieri pomeriggio ho ricevuto una telefonata da una vecchia amica: “Come state? Siete vivi o morti? Non vi fate più sentire…”. Per un attimo ho avuto paura che la vita ordinaria, omologata al sentirsi un essere umano limitato, stesse tentando di riacciuffarmi e mi sono sentita insicura: “Sto impazzendo? Sto ribaltando tutta la mia vita?”.

Stanotte ho sognato che ero nascosta in una soffitta. Nel sogno non ero il soggetto che agiva, ma lo osservavo. Ero un uomo e pensavo: “Qui mi trovano, mi scopriranno; devo fuggire, sono accerchiato, stanno chiedendo informazioni, è solo questione di tempo”… Poi una forte paura di morire. Sorge il pensiero: “Posso scegliere se vivere o morire! È l’ego che ha paura di morire. Chi sta vedendo questa scena? Ecco, sono Quello, sono Ciò che sta guardando. Il sogno appare a me e i personaggi sono tutte parti di me; sono sia colui che ha paura che quelli che lo braccano. Sono chi vede i personaggi di sogno; mi faccio prendere dal sogno, vi partecipo, ma non sono il sogno. La stessa cosa succede per ciò che chiamiamo mondo o realtà. Anch’esso è un sogno; sono tutte ideazioni sorte da me, ma io non sono loro!”.

Stamattina in meditazione ho richiamato il sogno e la paura che l’accompagnava. “Posso dissolvere questa paura col mind clearing”, ho detto. Mi sono ricordata che tanto tempo fa, quando ero ragazza, avevo dimestichezza con i sogni: entravo uscivo, li cambiavo… “Posso farlo anche adesso”. Così ho rievocato il sogno, ho dato alla paura l’immagine della soffitta, ho fatto la tecnica di ‘tocca e lascia andare’ e l’ho dissolta.

È emersa una beatifica pace cullante, un’accogliente sensazione di confort, di leggerezza. Vado al lavoro pensando che in qualche modo sono come in un sogno; incontrerò situazioni, persone che sono evocate da me in quanto coscienza, ma io ne sono allo stesso tempo separata. Che partecipi o meno a questo sogno, non ha importanza.

Con immenso amore e gratitudine ❤️🙏
Shivananda

Soham: — La consapevolezza del Sé è divenuta talmente forte che l’aspirante è in grado di dissolvere da sola e velocemente vasana (false identificazioni) che emergono. La visione della Verità è chiarissima. Il ricordo che da ragazza era abituata a entrare e uscire dai sogni e a cambiarli, ci dice che l’aspirante è stata un ricercatore del Sé in altre vite.

La frase: “Che partecipi o meno a questo sogno, non ha importanza” preannuncia il sahaja samadhi, lo stato senza sforzo. Quando il Sé si afferma e tutto è il Sé, non è più necessario portare attenzione al Sé come pratica. Anzi, il farlo arreca disturbo all’abbandono, al libero fluire nel Sé. Ciò che prima era virtuoso come sadhana ora diventa innaturale. Lo sforzo di ricordare il Sé viene sostituito da un sentimento che ha così tante modulazioni da non potersi definire. È sentimento di libertà, di essere come un Loto che non è toccato da nessuna apparenza, è pace, è devozione verso il Sé e amore per tutte le sue forme, e così via.