Le tecniche che richiedono molto sforzo di concentrazione, come quella dell’Intensivo di Illuminazione, sono utili all’inizio della sadhana. In quella fase l’aspirante non sa chi è e si ritrova con una mente piena di spinte con cui è identificato. L’Intensivo di Illuminazione gli permette di avere una conoscenza diretta di chi veramente è lui e vedere poco alla volta come realmente è l’universo fenomenico: i numerini verdi di Matrix, per dirla con una metafora. Ma bisogna essere consapevoli che questo tipo di tecniche si fermano all’esperienza diretta: entri ed esci e non puoi aspirare ai samadhi prolungati.
Avendo fatto parte di un gruppo in cui si facevano Intensivi a manetta, ho però potuto vedere che quelli che frequentavano un Intensivo di Illuminazione al mese sono entrati in uno stato di contemplazione abbandonica piuttosto continuo, e qualcuno di essi si è realizzato.
Ciò succede anche all’Intensivo lungo. Al 4° giorno i partecipanti entrano in uno stato abbandonico. I principianti, abituati allo stress della vita di oggi, sembrano degli zombi, trascinano a fatica il loro corpo – chi ha praticato la meditazione naturale sa che, quando comincia, dorme per 9 mesi prima di smaltire tutto lo stress che ha accumulato. Invece i partecipanti all’Intensivo lungo che sono più avanti nella sadhana entrano in uno stato di contemplazione abbandonica, di rilassata apertura. Allora le loro voci diventano flebili, sono in completa comunicazione col partner di diade e con tutto l’Intensivo, ma la loro comunicazione verbale si assottiglia di molto.
Per andare oltre, verso un samadhi prolungato e auspicabilmente stabile, ci vuole un’attenzione abbandonica, rilassata, una vera è propria contemplazione. Diventa persino difficile chiamarla sadhana perché non è più un’azione, ma il vostro modo naturale di essere.
Le tecniche sulle colonne portanti della mente che ho dato (‘pensa a futuro’ ecc.) sono del primo tipo: con sforzo. Io non riesco più a farle, ma un caro fratello spirituale chiese di provarle con me. Prendemmo appuntamento per l’indomani mattina. “Diamine Sergio, non le hai nemmeno provate” pensai, e così la sera mi misi a farle. Conclusione: entrai in uno stato di tesa concentrazione che mi trattenne in onde Beta; non riuscii a chiudere occhio per tutta la notte. Alle 7,30 del mattino ero cotto e dovetti rinviare l’appuntamento
Con la contemplazione abbandonica, di rilassata apertura, cominciate a vedere che ogni percetto fa parte di voi, qualsiasi apparenza: un evento, un ricordo, un pensiero, uno stato emozionale… È come se tutto integrasse un equilibrio che conduce all’Uno, all’Equanimità dello Zero. Zero Movimenti: “Yoga chitta vritti nirodha” (lo yoga placa i movimenti della mente) insegna Patanjali, e l’assenza dei movimenti della mente conduce allo Yoga, all’Uno. Vi guardate in giro e vi sentite umili e pieni di ispirata devozione. Quella che prima sembrava una porta ora è Dio.