Questo è uno dei più bei passi in cui è spiegata l’importante differenza tra ‘esperienza del Sé’ e ‘comprensione di essere il Sé’, e quindi mostra come si possa avere l’esperienza del Sé e ancora non aver completamente e profondamente compreso di ‘essere il Sé’.
È il dialogo tra James Swartz e il suo Guru, Swami Chinmayananda Saraswati, tratto dal bel libro di Swartz ‘Mystic by Default’.
Le note tra parentesi quadre sono mie.
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Un pomeriggio chiesi a Swami Chinmayananda: “Esistono gradi di esperienza di Dio? Alcune persone sembrano dare solo una sbirciata mentre altre ne vengono completamente assorbite. Perché?”.
“A rigor di termini non vi sono gradi [di esperienza del Divino]”, rispose. “O ce l’hai o non ce l’hai. Ma hai ragione anche tu. La mente è lo strumento attraverso cui si esperisce il Sé. Immagina di guardare il sole… Se il cielo è limpido lo vedi in tutto il suo splendore; se c’è un sottile strato di nubi, lo vedi, ma non chiaramente; se le nuvole sono spesse non lo vedi per niente. Similmente, se la mente è pura esperirai il Sé intensamente, e così via. Ecco perché parlo tanto della pratica spirituale, essa purifica la mente, e allora l’esperienza di Dio sarà chiara. Se sperimenti direttamente il Sé puoi conoscere che è te stesso”.
“Non ho fatto molta pratica spirituale, eppure la mia esperienza è così forte che a volte penso di non riuscire a sopportarla. Però ho incontrato devoti che si hanno praticato per molto tempo ma non hanno toccato molta esperienza [del Divino]. Come lo spiegate?”.
“A volte” disse, “le persone vivono in modo tale da purificare la mente inconsciamente e quando arriva il risveglio [l’esperienza del Divino] è intenso. Altri praticano con lo spirito sbagliato, e allora non accade nulla” [malgrado le ore di pratica, la loro intensione non è veramente diretta al Divino. “La CASA è dove si trova il cuore. Su cosa sta poggiando il tuo cuore adesso? Sul Divino e che?”. Questo è un buon test per verificare se la propria intenzione punta veramente verso il Dio].
“Ma signore”, risposi, “la mia esperienza è intensa e non ho vissuto affatto una vita pura”.
Con mia sorpresa non rispose alla domanda. “Vedi” disse, “non è una buona idea richiamare l’attenzione sulla tua esperienza. In realtà non importa cosa esperisci. Il Vedanta non riguarda l’esperienza, riguarda ciò che conosci. Sperimenti il Sé tutto il giorno perché questa è la Realtà non duale fatta di coscienza, ma senza la conoscenza di essere il Sé, l’esperienza non ti serve a molto. Probabilmente hai avuto molte esperienze trascendenti, poi però sono finite”.
Annuii.
“Questo perché il Sé non è stato riconosciuto per ciò che è. Quando si comprende che il Sé è se stessi, l’esperienza del Sé continua per sempre perché sei tu. Quand’è che non esisti? L’esperienza spirituale va bene finché l’ego cerca di accaparrarsela pensando di essere speciale perché sta sperimentando Dio”.
Mi guardò con intensità e continuò: “In realtà, il Sé è tutto e tutto è il Sé. Non esiste dualità, né esperienza del Sé separata dall’esperienza terrena. Qualunque cosa tu stia esperendo, chiamala spirituale o no, è il Sé. Tu cerchi l’esperienza del Sé perché pensi che questo mondo e tutte le tue esperienze terrene non siano anch’esse il Sé. Perciò ciò che stai cercando di risolvere attraverso un’altra esperienza può solamente essere risolto comprendendo che tutto è coscienza non duale”.
Così era! Avevo desiderato ardentemente un particolare tipo di esperienze, ma per rimanere in quello stato avevo bisogno di conoscenza. Ma che cos’era esattamente quella conoscenza?
“Non è una conoscenza come noi pensiamo solitamente alla conoscenza”, rispose il giorno dopo al satsang, rivolgendomi molti sorrisi. “Esistono due tipi di conoscenza: relativa e assoluta. La conoscenza relativa è la conoscenza che nasce quando un soggetto contatta un oggetto. L’ego sperimenta il mondo e nasce la conoscenza. Questa conoscenza è imperfetta, soggetta ad errore perché soggetto e oggetti sono condizionati dal tempo. La conoscenza assoluta invece è non-duale, fuori dal tempo, perché il suo oggetto, la consapevolezza, è eterna. Essa elimina l’idea sbagliata che tu sei il complesso corpo-mente e rivela il Sé. Una volta che hai questo tipo di conoscenza, non dimenticherai mai più chi sei tu”.