— Oggi mi rendevo conto di una resistenza verso l’amare… Ci si sente abituati a certe cose negative, che quasi si teme starci senza. A parte che giungeranno sempre in qualche modo, solo che si trasformano più in fretta… Che sciocchini che siamo a volte… temere di vivere felici…
— Swami Kripalvananda portò al livello massimo il non ferire. Era sempre dolce e gentilissimo. Queste che vengono lette come mere regole etiche conducono a delle siddhi quando sono completamente integrate nel cuore. Le scritture dicono che quando si completa il non ferire, non siamo più feriti. Infatti con Swami Kripalvananda erano tutti gentili, persino le persone più rudi. Una volta si trovò in mezzo ad una rissa. Le persone si picchiavano e si maledicevano, l’ira era elevatissima, ma mentre lui passava si scostavano e chiedevano scusa. Poi riprendevano a picchiarsi
Anche in senso relativo, ciascuno di noi ha della bellezza e delle buone qualità. Bisogna concentrarsi su quelle invece che sui difetti. In effetti questo è ciò che fa il maestro spirituale. L’allievo si crede un disgraziato e il maestro ne vede la grandezza.
Ricordi ‘Mission’? Quando De Niro, dopo aver ucciso il fratello, viaggiava con un carico di armature legate al suo tronco, simbolo del peso del senso di colpa. Nessuno lo obbligava, ma era tanto il dolore per non aver amato che voleva soltanto soffrire. È un buon esempio per spiegare il cattivo karma. Nessuna punizione viene data dall’alto! È il jiva, ferito nella sua vera natura dalle sue stesse azioni, che vuole soffrire ed essere limitato. Poi l’indio taglia la corda e getta quel carico in basso nel fiume, simbolo del lasciare andare, lasciare scorrere. Che grandiosa metafora quella scena. Morricone racconta che vide il film a Londra senza musica. Alla fine piangeva e ripeteva: “Che bel film, che bel film…”. Poi disse: “Potrei solo peggiorarlo. È già perfetto così, lasciatelo così”. Allora era già famoso e gli avevano offerto 100.000 euro per comporre la colonna sonora, ma Morricone ha sempre avuto un cuore puro. Il regista e il produttore dovettero faticare per persuaderlo ad accettare l’incarico.
Yogananda aveva dei poteri e si era fatto molti nemici in America criticando le famiglie ricche che non aiutavano i poveri – era la crisi del ’29. Egli era solito andare di sera in un posto isolato in un parco. Gli avevano detto che era pericoloso, ma lui non se ne curò. Proprio in una di quelle volte l’avvicinò un killer con la pistola, dicendogli che ora avrebbe smesso di dir male di chi conta. Yogananda lo guardò negli occhi e gli disse: “Perché lo fai se non sei felice?”. L’uomo cominciò a tremare gridando: “Cosa mi hai fatto, cosa mi hai fatto?”, e scappò.
Cosa gli aveva fatto? Gli aveva fatto sentire uno squarcio di chi è veramente il killer; troppo per la mente del poveretto…