‘OSSERVARE’ è un altro Ritiro (oltre a ‘Stare nel Sé – Ritiro intensivo di Autoindagine’) che ho guidato per parecchi anni e che adesso è messo a disposizione dei nostri allievi e degli aspiranti che vogliono fare sul serio!
Un advaitin avanzato, che ha circostanze esterne che glielo permettano dovrebbe aumentare il numero di ore di meditazione formale.
Questo aspirante ha ovviamente già superato la prima fase detta “a caccia dell’io” in cui risalendo all’io trova varie identità che cambiano continuamente; ha anche superato la seconda fase in cui l’Io è quello Reale, ossia il Sé, ma non è sempre facilmente individuabile. Egli ormai non appena chiude gli occhi e introverte l’attenzione trova immediatamente l’IO impersonale che è il vero Sé.
La tecnica viene ridotta all’essenziale. L’aspirante deve solo sedersi, ad occhi chiusi o semichiusi guardando un punto indistinto come nello zazen, e OSSERVARE tutto quello che appare nella coscienza senza cercare di alterare, forzare o resistere ad alcunché. Se appare che è annoiato, osserva questo; se appare che è euforico, osserva questo; se ha sonno, osserva questo, ecc. ecc.
Alla fine, questo osservare indifferenziato pone in assoluto risalto la Coscienza stessa (che è il vero Voi) come soggetto. La consapevolezza diventa così forte che non riuscite a distrarvi neanche se lo volete. Tale consapevolezza invade gradualmente lo stato del sogno e del sonno profondo senza sogni, fino a che un’unica consapevolezza imperturbata passa attraverso tutti gli stati senza subire mutamenti.
Questa è la Ralizzazione!
Se riuscite a passare attraverso il sonno profondo in cui non c’è percezione alcuna, nemmeno del mondo interiore (sottile, mentale), lo stesso avverrà durante il processo della morte del vostro corpo fisico: sentirete che il respiro cessa, sentirete le sensazioni fisiche del dissolvimenti dei 5 elementi, e invece di piombare nel buio profondo (come il sonno profondo) rimarrete nella luce della consapevolezza riconoscendo che Quello siete Voi.
Rimanere sempre come pura Consapevolezza è Turiya, e Turiya è la realizzazione. Il velo dell’ignoranza è divelto per sempre.
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Ora c’è un mio amico che si è fissato con turiyatita. Lui dice “Ma turiya è la coscienza” come se dicesse “è cacca”, “Io voglio andare oltre la coscienza”, e così cerca di non essere più cosciente.
Io, avendo guidato una 20ina di Intensivi di Illuminazione, sono abituato a vedere questo fenomeno. Il praticate ha una esperienza diretta (un samadhi istantaneo) e se ne sta lì deluso sena capire quello che ha avuto perché, si aspettava che lo stato unitivo fosse qualcos’altro; per esempio che quando uno ha un samadhi si aprono i cieli, raggi di luce scintillanti, come megariflettori di Hollywood, si posino su di lui, e appaiono schiere di cherubini e serafini che con le loro trombe intonino il festeggiante ‘Alleluia’ händeliano in segno di lode a lui e a Dio.
Infatti questo amico è stato a mio avviso fuorviato da Nisargadatta che dice “La coscienza va e viene” “la realizzazione è andare oltre la coscienza” – ecco perché io non posto mai Nisargadatta.
Io credo che Nisargadatta si riferisce alla coscienza relativa (la coscienza di qualche oggetto, fisico o mentale), non alla Coscienza Assoluto. Probabilmente egli è convinto che se dice “la coscienza c’è sempre”, gli aspiranti pensino alla coscienza relativa. Comunque è fuorviante. Fino al punto che qualche seguace di Nisargadatta si spinge ad afferma che la coscienza è un attributo della biologia corporea e che una volta finito il corpo non c’è più coscienza…
Quando Turiya è stabile per un lungo tempo, l’abbandono è così profondo che, nella meditazione formale o nei momenti in cui si è rilassati, avviene un ulteriore sprofondamento alla Realtà Unica che è Sat-Chit-Ananda (Essere-Consapevolezza-Beatitudine) e si entra in Turiyatita, che è uno stato a metà tra coscienza e non-coscienza, ma cosa sia lo puoi rilevare solo dopo che ne sei uscito, perché in Turiyatita non c’è nessuna conoscenza, mentre in Turiya c’è conoscenza/consapevolezza del Sé come unica, assoluta Realtà.
Le esperienze di Turiyatita sono poche, forse meno del 10% rispetto a Turiya (che diventa stabile, continuo e attraversa tutto gli stati); esse donano a Turiya un’ulteriore trascendenza.
Bhagavan Sri Ramana Maharshi non parla nemmeno di Turiyatita. Si limita a dire che Turiya è il 4° stato, ma siccome è anche l’Unico Stato che realmente c’è, è anche Turiyatita (che significa ‘ciò che trascende il 4° stato’).
Adesso questo amico è in cerca di qualcuno che gli confermi il suo erroneo intendimento, che gli confermi che la coscienza è un’illusione da superare. Ma non lo troverà, perché le sue esperienze sono più profonde della maggior parte dei Guru disponibili.
Leggetevi lo Shiva Sutra di Vasugupta e vedete se dice che Turiya è un’illusione come lascia intendere Nisargadatta:
3-20 – Versa il quarto (stato di coscienza – Turiya) nei tre (stati: veglia, sogno e sonno) come olio di sesamo in acqua.
[Significa: penetra gli altri stati con la consapevolezza della consapevolezza (l’olio non si mescola all’acqua)].
3-38 – Uno dovrebbe rivitalizzare i tre stati con Turiya.
3-41 – Quando ci si è stabiliti nella pura consapevolezza (Turiya), il desiderio è distrutto e lo stato empirico del percepirsi un io individuale (Jiva) cessa di esistere.
Ma non è solo lo Shiva Sutra a confermare che Turiya è la realizzazione, tutte le scritture di verità lo confermano, come la Ribhu Gita ecc. Vi invito a fare una ricerca.
Io, influenzato da Nisargadatta, ho avuto perplessità su Turiya fino a quando Turiyatita si presentava come totale assenza di coscienza. Quando poi ho verificato che la coscienza c’è sempre, anche in una forma implosa in se stessa, non ho avuto più perplessità. Jai Bhagavan Sri Ramana Maharshi, l’incarnazione stessa di Shiva.
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Tornando a ‘Osservare’, mi sono trovato a dover spiegare a un’allieva avanzata cosa doveva fare. Ma a me adesso non piace più parlare troppo… “Come faccio a farglielo capire?” mi so no detto. E allora mi è venuto in mente il format di un Ritiro che ho guidato varie volete in passato. “Questo è il modo più proprio di farlo capire agli aspiranti: attraverso la loro esperienza diretta, anziché stare lì a tentare di spiegarlo con molte parole”.
Questi Ritiri (‘Osservare’ e ‘Stare nel Sé’) per me sono mezzi per implementare l’autoindagine, non sostituiscono la pratica quotidiana.
Anzitutto costituiscono un occasione per incontrare il mastro e chiarire dubbi, ricevere ispirazione e sostegno ecc. Poi è difficile che uno da solo riesca a praticare la pura OSSERVAZIONE per un giorno e mezzo, rimanendo seduto immobile per 14 ore. Poi al Ritiro le barriere che incontra sono ‘digerite’ anche dalla consapevolezza del maestro e degli assistenti; è come se invece di sollevare un grosso peso da solo, lo sollevate insieme ad altre 8 persone, una bella Grazia!
Questi Ritiri intensi col Maestro producono degli autentici sfondamenti nella coscienza dell’aspirante, dei grandi salti di qualità che richiederebbero tantissimo tempo di pratica solitaria: barriere vengono rimosse, porte aperte… Tutto il percorso viene enormemente accelerato.
La tecnica di ‘Osservare’ nello Dzogchen è chiamata Trekchod, e serve per stabilizzare la realizzazione.
L’intento di rimanere fermi nell’asana (seduti su una sedia o su un cuscino) senza muovere volontariamente il corpo (ovviamente non succede niente se uno aggiusta la posizione, ma l’intenzione è di non muovere volontariamente il corpo) libera Una valanga di energia! L’energia liberata può prendere il posto della volontà e far compiere movimenti spontanei al corpo fisico e al corpo sottile (riguardo a quest’ultimo, ad esempio, potreste sentite che i vostri occhi puntano il centro del cervello, ecc.); tali movimenti spontanei, sono ammessi, e purificano il corpo pranico. Questa fase è chiamata ‘Hatha Yoga’. Quando l’Hatha Yoga è concluso, non ci sono più movimenti, e l’energia si riversa direttamente nel Corpo di Consapevolezza stabilendo Turiya e estendendolo a tutti gli stati, oltre ogni stato, oltre vita e morte, tempo e spazio, materia e spirito, oltre ogni dualità.
Un problema che si presenta con i praticanti che non hanno ancora acquisito una coscienza dharmica (etica) è che questa energia, a fine ritiro, rischia di essere carpita dall’ego. A fine ritiro la vostra energia sarà così forte (almeno per i primi giorni) che potete inchiodare qualcuno al muro col solo sguardo. È necessario allora che il maestro dia insegnamenti dharmici a che l’energia risvegliata vada nella pratica realizzativa e nel dharma. Se è carpita dall’ego e fate del male, presto si ritirerà di nuovo dopo aver prodotto danni a voi e agli altri.
Ecco la struttura del format, non ha bisogno di essere commentata:
“OSSERVARE”
La tecnica:
Consiste nello stare seduti uno di fronte all’altro (ma a una distanza maggiore che nella meditazione diadica, da 2 mt. In su, come nello zen rinzai), a occhi chiusi nella prima sessione da 2 ore, ad occhi semichiusi che guardano un punto indistinto a 45° verso il basso come nello zazen, e solo OSSERVARE tutto ciò che si presente nella coscienza e nel così detto mondo esterno, senza cercare di cambiare, resistere o forzare alcunché.
Si osserva il silenzio durante tutto il corso, tranne che nella condivisione di gruppo, con gli assistenti e col maestro.
Arrivo venerdì sera:
- Iscrizione
- Cena frugale
- Dokusan individuali col Maestro
- Discorso introduttivo del Maestro
- A letto
Sabato:
6,45 – 7,30 Sveglia e Caffè d’Orzo
7,30 – 9,30 OSSERVARE (2 ore)
9,30 – 10,15 Condivisione di gruppo, colazione
10,15 – 13,15 OSSERVARE (3 ore)
13,15 – 14,00 Pranzo
14,00 – 14,30 Lavoro
14,30 – 15,15 Riposo (chi vuole può stare fuori)
15,15 – 19, 15 OSSERVARE (4 ore)
19,15 – 19,45 Condivisione di gruppo
19,45 – 20,30 Cena
20,30 – 21,15 Passeggiata
21,15 – 22,00 DIADE (“porta tutta la tua attenzione all’essere”. I primi 5
minuti comunicano la loro esperienza)
22,00 – 22,30 Dessert, a letto
Domenica:
6,00 – 6,30 Sveglia e Colazione
6,30 – 13,30 OSSERVARE (5 ore)
13,30 – 14,30 Condivisione di gruppo e discorso finale del maestro
14,30 – 15,30 Pranzo e partenza
Jai Bhagavan
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