— … Detto ciò volevo chiedere riguardo alla pratica durante la giornata, fuori dalla meditazione formale.
Io osservo le fluttuazioni della mente: proiezioni, ricordi, vaniloqui, istanze varie legate a personaggi o al personaggio immaginario che dovrei o avrei potuto essere. Non vi è quasi mai disturbo o avversione in ciò, è come guardare un film, e a volte i contenuti possono essere più intensi e calamitanti, diciamo… Il corpo fisico che si presenta a questa osservazione come una sinfonia di musica contemporanea: sensazioni, percezioni impermanenti… Solo il senso della vista da più “solidità” alla realtà.
È corretto continuare ad osservare il tutto in questo modo imparziale posizionandosi nel Testimone-Soggetto senza interferire-correggere o applicare tecniche varie?
È un po’ strano. È come fossi un automa… Non è freddo tutto ciò ma è vacuo… Forse non ho mai osato pormi veramente al di là di me stesso.
Bisogna porsi completamente al di là di se stessi, oltre il corpo-mente e osservatore? O cercare la radice ‘Io Sono’?
— Già osservare è sufficiente. Ma tu puoi anticipare ciò che col tempo scaturirà da questo osservare: l’attenzione si retroflette di 180° è poggia sul Soggetto percipiente: la sensazione di ‘Io’, la sensazione di Essere, il testimone, la Coscienza… Sembrano diversi, ma in effetti sono tutti sinonimi. Tu sei Sat-Cit-Ananda (Essere-Consapevolezza-Beatitudine). Queste 3 cose sono UNO, intrinseche l’una all’altra, non sono scindibili!
Perciò, ogni tanto durante la giornata, prenditi un break (anche solo di pochi secondi, se non puoi di più) e stai nella sensazione di Essere, che è sovramentale, è sempre lì, solo offuscata dai pensieri, ma tra un pensiero e l’altro c’è Essere, Sat; o se preferisci stai nell’Io, sii come Coscienza, o stai nel Testimone, come ti trovi meglio. Alla fine spontaneamente li priverai tutti e poi sono sempre e solo il Sé.
È questo permanere nel Sé che dà Beatitudine – invero all’inizio è Gioia sopraffacente, sempre nuova ed autoalimentantesi. Il solo osservare può portare al Vuoto, che è il piano causale e non Turiya (il supercausale). Non pochi ricercatori si intrappolano sul vuoto perdendo molti anni prima di capire che in realtà è un oggetto mentale e che devono portare l’attenzione al veggente, a Chi sperimenta il Vuoto. Invece tu lo conoscerai, ma non ci rimarrai impigliato a lungo scambiandolo per il Sé.
Cosa fare nella meditazione formale? Se le impressioni sono troppo forti, allora osservale; puoi anche cercare di risalire all’identità che ha generato quell’impressione/spinta. Ad esempio: chi è il Sergio che brama l’amore di una donna? Apparirà una certa identità, forse un Sergio quando aveva relazione con la mamma… e tu puoi osservare anche quello. Osservare è sinonimo di dissolvere – anche stare nel Sé dissolve, ma quando il Silenzio diventa forte e quando, relativamente, le impressioni non sono sopraffacenti.
Quando le impressioni non si impongono con forza, allora stai nell’Essere (o io, consapevolezza ecc.). Valuta secondo la tua sensibilità soggettiva.
Leggi i “Discorsi con Sri Ramana Maharshi” un po’ alla volta, o tutti insieme, come preferisci. L’importante è che comprendi che è una meditazione non una lettura. Ripuliranno tutta la tua pratica da ogni dubbi e progredirai spedito senza intoppi. Sono una grande risorsa, una Grazie.
Anche gli altri testi di Ramana vanno bene, ma io ho scelto quelli perché non ci sono commenti di altri. Nessun’altro Jnani ha la grandezza di Sri Ramana. È davvero l’incarnazione di Shiva, no doubt!