Spesso gli aspiranti non capiscono quando sono diventati stabili nel Sé. Facciamo il punto della situazione.
Tutti gli esseri umani avvertono il proprio io, ma la gente ordinaria percepisce che l’io è il corpo più la personalità. Perciò quest’io personale è condizionato dai limiti fisici e mentali ed è soggetto a nascita e morte. Il vero Io è eterno e immutabile, è privo di condizioni e non è legato né al corpo né alla mente.
Quindi il primo passo verso la realizzazione-comprensione è conoscere il vero Io. Lo si conosce per identità, cioè nello stato non duale. All’inizio si tratta di esperienze istantanee. Sono dette esperienze ‘dirette’ per indicare che non passano attraverso la mente, semplicemente si diventa Quello, il vero Io.
Dopo varie esperienze dirette, l’aspirante comprende cos’è il vero Io. a questo punto deve fare una cosa: rivolgere la mente, che prima guardava il corpo e la personalità scambiandoli per se stesso, verso il vero Io. Quando l’attenzione non abbandona più il vero Io, cioè quando non ci si dimentica di essere il vero Sé, quello è l’inizio dello stato stabile. “Possa io mai e poi mai, dimenticarTi”, così San Tukaram pregava Iddio.
Alcuni dicono: “Ma io a volte osservo dei movimenti mentali”. Se osservi i movimenti mentali rimanendo nell’identità del Sé, non sei uscito dallo stato stabile; rilevi soltanto che vi sono ancora delle vasana (movimenti mentali) e che quindi sei nel kevala nirvikalpa samadhi e non ancora nel sahaja (vedi: per una esatta definizione di manonasa).
Da quell’inizio di stato stabile la relazione col Sé si approfondisce all’infinito, almeno fin quando si ha un qualche tipo di corpo.