OVVERO: LA STRAORDINARIA ORDINARIETÀ DELL’ESSERE
Si è fatto lunedì mattina, all’alba l’assistente Sara ci aveva svegliato dicendoci “buon giorno, è l’ultimo giorno del ritiro, diade fra venti minuti”. E di diadi stamane ne abbiamo ormai già fatte due, anche la colazione è finita, il silenzio e la quiete è disceso da tempo nel gruppo dei partecipanti, e – penso – Renato è facile che decida di non fare più diadi… sento in me questo stato di sospensione e di lieve incertezza.
So che è stato un buon ritiro per me, molto buono. Dopo uno o due giorni già la mente andava acquietandosi e il corpo ammorbidendosi. Ho ‘sperimentato con successo’ una tecnica estemporanea che è consistita nel rafforzare il koan appena ricevuto dal partner (Stai nell’Essere) dicendomi mentalmente “Chi!” oppure “Chi?”, e ripetendomelo anche quando perdevo un po’ la bussola dell’autoindagine. Ho accettato durante il ritiro di non spingermi oltre il duale, di non cercare la fusione nell’Uno. Trovavo il ‘Chi percipiente’ e da esso osservavo uno spazio che si faceva sempre più tranquillo e confortevole a mano a mano che la mente si calmava, e questo ‘mi bastava’… almeno in teoria, almeno come attitudine mentale… Perché poi invece no! Quando ero in quello spazio spesso mi veniva di cercare… Cercare cosa? L’abbandono, una specie di oblio, non so… Il fatto è che lì c’è l’eterno paradosso. Se cerchi l’Unione, la fusione nell’Uno, c’è chi cerca e c’è ciò che viene cercato: quindi siamo già in due! E quindi? Quindi boh…
Renato amabilmente e sapientemente ci istruiva e intratteneva con ironia, leggendo anche testi sia antichi che moderni, e ci portava – secondo me – sempre lì: al paradosso della ricerca di Quello che già c’è. Io ne ho tratto la decisione – ma forse ero già predisposto – di ‘non spingere troppo’, di non cercare effetti speciali, tantomeno di puntare a ‘esperienze dirette’… Atteggiamento ovviamente spesso accompagnato dai soliti dubbi: “sono rinunciatario?”, “faccio ancora il gioco della volpe con l’uva?” e così via… Però erano dubbi che non facevano presa, lasciavo che fossero. E poi lo sappiamo: Quello si manifesta solo per Grazia e per Amore, e poi si farà una grande risata di tutto il resto.
E così mi trovo in quest’ultima mattina, senza sapere se ci sarà un’altra diade, ma contento di quello che già c’è stato… Contento?… Non posso nascondermi che in questo momento sento inquietudine, un po’ di insoddisfazione, un po’ di paura che – ora che il ritiro va a concludersi – stia già scivolando verso schemi che mi hanno già imprigionato in passato. Sedermi sulla panchina per osservare tutto questo mi dà un po’ d’ansia, anzi fastidio. Ma non c’è altro da fare, il gong non suona ancora, mi siedo e guardo e penso a questa inquietudine… Poi devo essermi assopito o distratto per qualche secondo, e quando rialzo lo sguardo davanti a me vedo ancora le stesse immagini ma… non c’è inquietudine! Come vedere lo stesso film ‘di paura’ togliendo l’audio o la musica di sottofondo: scorrono le stesse immagini, ma non fanno effetto.
È tutto un po’ strano ma allo stesso tempo normale. È successo d’improvviso, non mi rendo ancora conto che l’Essere o la Consapevolezza o quella qualsiasi cosa che per una settimana è stata invocata nei koan che risuonavano in sala, è venuta a visitarmi ora senza invito, misteriosamente e silenziosamente.
Con un tempismo anch’esso inspiegabile suona subito il gong che chiama alla diade che sarà davvero l’ultima. Solo il tempo, nella prima fase, di condividere quello che ho appena scritto e che non avevo ancora ben compreso… Poi mi si sono fermate le parole, e non ce ne sono state altre. Il resto della diade è stata pura Magia, e così quel che restava del ritiro.
Grazie ❤
G.
Sergio:
L’inquietudine di cui parla G. mi ha ricordato alcuni passi da ‘Il Libro dell’Inquietudine’ di Fernando Pessoa:
“Ho creato in me varie personalità. Creo costantemente personalità. Ogni mio sogno, appena lo comincio a sognare, è incarnato in un’altra persona che inizia a sognarlo, e non sono io.
Per creare, mi sono distrutto; mi sono così esteriorizzato dentro di me che dentro di me non esisto se non esteriormente. Sono la scena viva sulla quale passano svariati attori che recitano svariati drammi”.
“Se penso, tutto mi sembra assurdo; se sento, tutto mi sembra strano; se voglio, è qualcosa in me a volere qualcosa. Ogni volta che in me c’è azione, mi accorgo che non sono stato io ad agire. Se sogno, mi sembra di essere stato scritto; Se sento, mi sembra di essere dipinto; se voglio, mi sembra di essere stato messo su un veicolo come mercanzia da spedire, e di andare con un movimento che credo mio, verso dove non ho voluto andare se non dopo esserci stato”.
“Inquietezza è propriamente lo stato di chi, o per malattia, o per sospetto di futuro danno, sta con l’animo turbato, né sa trovar quiete. Inquietudine è più specialmente l’effetto che fa l’inquietezza sull’animo nostro. «Ho un monte di inquietudini che mi tengono in continua inquietezza»”.