Praticando l’autoindagine, nelle fasi avanzate della sadhana e sicuramente dopo la realizzazione, lo stato di veglia e di sogno diventano sempre meno differenziati. Come l’aspirante o lo jnani nello stato di veglia vedono passare tutti i fotogrammi della vita con grande disinteresse (disinteresse per i fenomeni insenzienti illusori, non mancanza di amore verso gli altri esseri), la stessa cosa succede loro nel sogno. La realtà onirica smette di essere inconscia e diviene sempre più cosciente, come la veglia. Quasi sempre i sogni sono lucidi; oppure iniziano come sogni non lucidi e dopo poco diventano lucidi. Si può entrare nello stato onirico mentre si è ancora svegli e andare attraverso un sogno (non un sogno immaginato ad occhi aperti), quindi addormentarsi e continuare quello stesso sogno senza che vi siano interruzioni.
Ciò è interessante per il dopo-morte che è tutto sogno, con qualche momento di sonno profondo, e ci dice che lo jnani non ha bisogno del ‘libro tibetano dei morti’ per essere in grado di affrontare il bardo, il dopomorte. È sufficiente la sua testimonianza vigile e ininterrotta, che continuamente discerne tra l’illusorio e il Sé, per renderlo capace di essere consapevole anche nel sogno e nel sonno profondo.
Come l’aspirante o lo jnani entrano in samadhi durante lo stato di veglia, allo stesso modo possono entrare in samadhi durante lo stato di sogno. Ecco un meraviglioso esempio:
“Stanotte ho sognato che ero solito andare a meditare con un amico nei pressi di una scalinata molto ampia ed elevata. Un giorno il mio amico dice: “Vieni con me; portiamo un dono a Ramana”. A un certo punto appare Ramana, e l’amico gli offre del cibo. Ramana lo accetta, ne mangia un pezzettino, e distribuisce il resto agli animaletti che erano ai suoi piedi. A questo punto Ramana scompare, io ho un’esperienza diretta e poi sono scomparso anch’io”.
Che sogno meraviglioso, che Grazia❣❣❣