— Caro Sergio, da quando ho avuto chiarezza e ho iniziato a lavorare sull’identità di essere La Coscienza è stato per me illuminante. Il tuo ultimo consiglio di fare dei check, mi fa sperimentare con chiarezza quando sono scivolata in una identificazione; ma il fatto stesso di farlo mi riporta subito alla Coscienza, che balza come in “primo piano”, sbiadendo tutto il resto. È incredibile come sia semplice!
— Merito a te di aver colto il suggerimento! Ricordare di essere la Pura Coscienza è fondamentale. Tutti i grandi maestri di Advaita Vedanta lo raccomandano – Nisargadatta e Atmananda esplicitamente, Ramana raccomanda la ripetizione della domanda “Chi sono io”, che è la stessa cosa.
Quando il ricordo di essere Pura Coscienza è presente, allora ci si abbandona alla Pura Coscienza. Com’è essere Pura Coscienza? La frenesia della vita costituita dal volere questo e quello, dal fare questo e quell’altro, si acquieta; il senso di agire scompare e si entra nella non-azione. Possono sorgere delle crisi di disintossicazione, e in questo modo le vasana vengono gradualmente bruciate. L’introversione si rafforza e si diventa un Tempio. Restano in primo piano l’abbandono e l’amore per Dio o la Verità. L’amore porta al samadhi.
Il samadhi è amore. L’io separato si fonde a ciò che gli appare diverso da lui. Come questo potrebbe avvenire senza amore? Prima viene il savikalpa, poi una spinta a raggiungere l’abbandono totale fa apparire anche la conoscenza come un’azione. Allora sparisce l’osservatore e la conoscenza e si entra nel nirvikalpa.
Il nirvikalpa, all’inizio non si capisce se uno si è addormentato o no; ma poi, una volta capito, ci si sente senza vincoli oltre ogni immaginazione, persino oltre il peso del conoscere. E se si è oltre la conoscenza, cosa rimane del mondo? Si è Liberi. Si è la Libertà stessa! Non esiste niente di più bello, almeno sulla via del ritorno a ‘casa’.
Dice Vasistha: “Dopo un certo tempo di nirvikalpa si ottiene la liberazione”.