Sri Ramana Maharshi, Discorso 527:
Nel corridoio c’era un gruppo di rispettabili signore di Coorg. Una di loro chiese: “Ho ricevuto un mantra. La gente mi ha intimorito dicendo che se lo ripeto potrebbe avere risultati imprevedibili. È solo Pranava [pronuncia ‘pranavà’, la OM]. Chiedo un consiglio: posso ripeterlo? Ho molta fede in esso”.
M.: Certo, va ripetuto con fede.
D.: Farà tutta da solo o potete gentilmente darmi ulteriori indicazioni?
M.: Lo scopo del mantra japa è realizzare che lo stesso japa STA GIÀ ACCADENDO DENTRO DI SÉ SENZA ALCUNO SFORZO. Il japa orale diventa mentale e il japa mentale alla fine si rivela eterno. Quel mantra è la vera natura dell’individuo. Questo è anche lo stato di realizzazione.
D.: Si può ottenere così la beatitudine del samadhi?
M.: Il japa diventa mentale e alla fine si rivela come Sé. Questo è il samadhi.
D.: Per favore concedetemi la Grazia e rendetemi più forte nei miei sforzi!
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Commento di Sergio – Tutta la sadhana e ogni specifica pratica della sadhana ha lo stesso iter descritto da Bhagavan per il japa. Si pratica con sforzo qualche esercizio, come fosse qualcosa di esterno, e poi alla fine si scopre che siamo naturalmente quello che stavamo praticando. Ad esempio, pratichiamo con sforzo la concentrazione e poi scopriamo di essere l’assorbimento, l’introspezione.
È come se si desse al brutto anatroccolo la pratica di vivere come se fosse un cigno. Lui si impegna molto a fare quella cosa bizzarra. E poi? Poi scopre che tutte quelle cose che ha fatto con sforzo e disciplina appartengono a lui, che lui è quello Cigno. Grande stupore! Non descrivibile… Tutto quello che facciamo nella sadhana è togliere confusione mentale. Comunque, un cigno che crede di essere un anatroccolo non è poi così sbalorditivo paragonato al Sé che crede di essere un limitatissimo essere umano.