Questo passo è bellissimo! Vengono chiarite importanti questioni. Inoltre si riconferma la visione di Sri Bhagavan per una consapevolezza imperitura.
* * *
Inviai a Sri Bhagavan una parte di un discorso sul prarabdha karma (il karma che si estrinseca nel presente) in cui si sosteneva che anche lo Jnani, dopo l’Autorealizzazione, è soggetto al prarabdha karma fin quando è soggetto agli involucri corporei.
La risposta dell’ashram del 17 Dicembre 1938: «Abbiamo letto con interesse la tesi sulla Dasamathva Siddhi. È tutta una questione di meditazione (bhavana) anche dopo la realizzazione.
«In altre parole fino a che la mente consente un costrutto su una qualsiasi circostanza della vita, sarà soggetta alla nozione di ‘io’ e di ‘io sono l’artefice’. Nel caso del dolore di una ferita, finché c’è il corpo c’è dolore.
«Invece la mente del jivanmukta (liberato in vita), è completamente diversa da quella dell’essere umano ordinario. Noi attribuiamo una mente al jivanmukta, ma questa non è per niente simile a quella di cui noi stessi siamo consapevoli. È una mente che è diventata uno con l’Atman che è oltre i tre stati: veglia, sogno e sonno profondo.
«Avendo così realizzato tale identità, la mente del jivanmukta rimane distante dalla sensazione di dolore. NON HA EGLI INFATTI CONSAPEVOLMENTE RAGGIUNTO QUELLO STATO DI SONNO PROFONDO IN CUI NON SIAMO CONSAPEVOLI DELLE SENSAZIONI DEL DOLORE?
«Dal momento che identifichiamo la nostra consapevolezza con lo stato di veglia, siamo inconsapevoli di noi stessi nel sonno profondo, mentre il jivanmukta è consapevole dell’inconsapevolezza del sonno, e così si trova libero dalla sofferenza anche quando c’è dolore.
«Dov’è il prarabdha karma per un tale Saggio?… Vivere nell’ashram, essere in Sua Presenza è il vero ritiro, perché la mente si ritira – o vien fatta ritirare – senza alcuno sforzo consapevole, perché dove c’è sforzo c’è ego. Essere liberi dall’ego è la beatitudine della vita».