sulla bhakti

Voglio condividere con voi una riflessione.

Sri Ramana dice che chi non riesce a fare l’autoindagine dovrebbe fare Bhakti yoga, chi non riesce anche in quello dovrebbe fare lo Yoga (pranayama ecc.), chi non riesce neanche in quello dovrebbe fare Karma yoga, il servizio disinteressato offerto a Dio.

Per comprendere meglio ciò che vuol dire bisogna leggerlo in questo modo: se il tuo cuore non è completamente aperto avrai difficoltà ad avere successo con l’autoindagine – salto i primi due passi che non riguardano nessuno del nostro gruppo.

A molti l’autoindagine piace, ma non hanno il cuore dischiuso, allora si fermano a un certo livello. Io studiai molto la questione quando si sciolse il Sangha. Mi resi conti che il fallimento era stato dovuto a una mancanza di Bhakti, non solo nelle relazioni interpersonali, ma proprio nella sadhana, e poiché ero io l’insegnante del gruppo, me ne presi la responsabilità. Cominciai a lavorare sull’Amore, soprattutto nei Ritiri con koan specifici, ma non vidi ancora l’importanza di una pratica sistematica di Bhakti.

Le persone del gruppo che erano rimaste erano abbastanza avanti, e mettevano un niente a dischiudere il loro cuore con quelle pratiche dedicate all’Amare; ma mancando di una pratica Bhakti sistematica, col tempo riformavano delle chiusure sottili che sarebbero state insignificanti per una persona normale, ma assolutamente perniciose per un aspirante alla Liberazione. Basta anche solo una sottile ombra di non-perdono per impedire una Bhakti matura che consenta lo stato unitivo stabile. Inoltre essendo tale chiusura veramente sottile, l’aspirante non si accorge nemmeno di averla. Mai risultati negativi si manifestano lo stesso in due modi:

1. L’aspirante non riesce a raggiungere livelli più elevati  e stabili di non-dualità e finisce per fermarsi da qualche parte.

2. Il dolore per le memorie passate negative che emergono alla coscienza per effetto della purificazione della sadhana rimane assai forte, e ciò impedisce spesso all’aspirante di superarle con le sole pratiche di Jnana, come l’osservare senza reagire.

Se l’aspirante non ha il cuore aperto, non si accorge di questa carenza, e si impegna in una pratica di jnana: vipassana, autoindagine… Dev’essere l’insegnante a guidarlo e fargli intendere che senza un cuore abbastanza dischiuso non potrà avere successo con Jnana marga. L’amore, la devozione a Dio e il comportamento etico non sono accessori, orpelli, ma elementi che si traducono in una mente ferma e priva di distrazioni che spontaneamente si riversa in forza delle Presenza consapevole trascendente/immanente.

Altrimenti, come dicevo, ci si fermerà da qualche parte. Magari, nella migliore delle ipotesi, si conquistano anche alcuni poteri, ma: SI CONSERVA UN BELL’EGO!! E tutte le esperienze dirette avverranno nell’ambito di Manolaya (la dissoluzione temporanea), e in questa o in altra vita si dovranno sperimentare ciò che gli altri hanno subito a causa delle nostre azioni scorrette.

“Azioni vili creano esistenze vili; azionion orevoli creano esistenze onorevoli” insegnava il Buddha Sakyamuni.

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G.: — Ho continuato ad osservare cercando di non reagire, ma noto una mente molto pessimista. Dopo un po’ di tempo mi distrugge non tanto con i pensieri del passato, ma creando un sacco di paure, soprattutto riguardanti il processo penale che sto aspettando e io osservo la reazione senza riuscire a risalire alla coscienza pura e non coinvolta.

La reazione è automatica. Posso aggiungere un’altra reazione per annullarla, o posso osservare la reazione senza reagire come San Sebastiano, ma in questo modo mi ritrovo colpito da molte frecce.

Sergio: — Se fai la tecnica vipassana,dovresti continuare a stare lì con l’intenzione di non reagire. Se ti prende la paura continui a osservare con l’intenzione di non reagire. Ma può durare parecchio, anche giorni, perché dietro quella paura specifica si nascondono tutte le paure di base del nucleo della personalità.

Ecco perché ho parlato della pratica Bhakti. La Bhakti ha la peculiarità di TOGLIERE IL DOLORE, tutto o quasi tutto.Se tu, ad esempio, stringi un forte rapporto con Krishna (o qualsiasi altri simbolo antropomorfo di Dio) e cominci a vivere per Lui, è come se avessi la Mamma. C’è qualche problema, ma la Mamma è sempre con te, non ti abbandonerà mai. Perciò diminuisce sensibilmente il senso di esser solo, e diminuisce anche l’arrovellamento su quello che devi fare e se è ben fatto, perché tu cominci a lavorare per Lui, e rimetti a Lui i risultati di quello che succede. Dio ti verrà in aiuto. Tutte le scritture insegnano: quando l’aspirante si abbandona a Dio, Dio si prende cura di lui. Assisterai a tanti miracoli; all’ultimo momento, problemi che ti preoccupano, volgeranno improvvisamente al positivo.

Il tuo è il classico esempio di un percorso Bhakti immatura, che rende difficile la pratica di Jnana, anche se l’hai compresa e la pratichi bene.

Senza una Bhakti matura c’è TROPPO DOLORE, questo è il punto! Quando invece il cuore è abbastanza dischiuso e l’abbandono a Dio è abbastanza integrato, l’aspirante diventa ‘leggero’, fiducioso,benevolo e di buon umore, e questo gli permette di percorrere con successo la via di Jnana. Io non sto dicendo di abbandonare Jnana, sto dicendo di integrare nella vostra sadhana una pratica Bhakti sistematica.

Io l’ho fatto e sono partito così:

  • Ogni giorno indago in me stesso per vedere se c’è qualche non-perdoni verso qualcuno. Se lo trovo lo converto immediatamente. Non mi costa alcuno sforzo convertire la chiusura in amore,comprensione e compassione. Lo scopo di questa pratica è cancellare ogni tendenza a creare chiusure verso gli altri esseri senzienti.
  • Poiché Krishna mi commuove, visualizzo Krishna e Lo porto in Anahata, il chakra del cuore.
  • Ricordo spesso il detto do Lester: “ama i tuoi nemici come ami i tuoi amici” e verifico se in me è così.
  • Invio amore a tutti gli esseri senzienti e cerco lo stato unitivo attraverso quell’espansione del cuore.

Sono partito in questa maniera tecnica, ma presto la pratica si è trasformata in un flusso di attenzione continua verso Krishna (che mi è chiaro non essere una persona) nel quale mi collego a Lui, Lo porto in me, agisco per Lui e Lo vedo in ogni altro essere senziente.

Ti suggerisco di integrare nella tua sadhana una pratica Bhakti sistematica.