D.: Perché non possiamo rimanere in sushupti (il sonno profondo senza sogni) tutto il tempo che desideriamo, e restarvi anche volontariamente così come stiamo nello stato di veglia?
M.: Sushupti continua anche nello stato di veglia. Siamo sempre in sushupti. Si deve entrare consapevolmente in esso e realizzarlo proprio nello stato di veglia.
Non c’è un vero entrarci e uscirne. Essere consapevoli di questo è samadhi.
Un individuo ignorante non può restare a lungo in sushupti perché sarà costretto dalla natura [prakriti] a uscirne; il suo ego non è morto e riemergerà. L’individuo saggio invece cerca di annientare l’ego nella sua stessa fonte [il Sé], ma sotto la pressione della forza della natura, cioè il prarabdha [il karma che si sta manifestando nel presente], l’ego riemergerà ripetutamente anche per lui.
Ciò significa che l’ego si manifesta sia nello jnani che nell’ajnani, ma con questa differenza, l’ego dell’ajnani è ignaro della propria sorgente, cioè non è cosciente di sushupti nel sogno e nella veglia. Viceversa, quando sorge l’ego dello jnani, questi gioisce della sua esperienza trascendentale con l’ego, mantenendo sempre fissa l’attenzione sulla sua sorgente. Tale ego non è pericoloso; somiglia a ciò che rimane di una corda bruciata, che sotto quella forma non serve più a niente. Mantenendo costantemente l’attenzione sullo stato di sushupti, l’ego si dissolve nella sua sorgente come una bambola di sale nell’oceano.
• Sri Ramana Maharshi, dal Discorso 286.
• Vedi anche ‘Un altro mondo’.
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Riguardo a questo post, G. ha chiesto: — Maestro, cosa significa “quando sorge l’ego dello jnani, questi gioisce della sua esperienza trascendentale con l’ego, mantenendo sempre fissa l’attenzione alla sua sorgente?”.
Soham: — Che se non c’è l’osservatore (l’ego puro dello jnani) non sai di esistere, dunque di cosa dovresti gioire?
L’ego sorge anche per lo jnani, ma questi non è identificato con gli oggetti (il corpo ecc.), e mantiene sempre l’attenzione sulla sua sorgente (la trance del sonno profondo). Vedi anche il resto del Discorso.
L’ego non sorge più solo quando il prarabdha si è completamente esaurito.
G.: — In questo caso rimane solo l’io funzionale?
S.: — Non c’è più nessun io, si è riassorbiti dalla coscienza assoluta.
G.: — La pratica con sforzo si conclude solo quando si esaurisce il prarabdha karma?
S.: — No, si conclude dopo la realizzazione, col sahaja samadhi. Per questo Sri Ramana dice che il Jivanmukta e il Videhamukta (liberato dopo che il corpo è morto) sono entrambi liberati.
G.: — Il prarabdha è composto da vasana inconsce? Sono loro che lo creano?
S.: — Il prarabdha è l’eredità delle azioni passate prodotte da vasana passate. Sri Ramana non aveva più vasana, ma finché è rimasto in vita aveva ancora un prarabdha.
G.: — Sì, chiaro, anche il corpo fisico fa parte del prarabdha.
S.: — Per parlare e agire, Sri Ramana doveva avere un ego (noi l’abbiamo chiamato ‘io funzionale’), altrimenti sarebbe rimasto in una trance continua, come un coma, e a un certo punto il corpo sarebbe morto.
Papaji diceva: “Uso il mio ego per servire il Signore”. Si riferiva a questo ego puro.
Le vasana che restano al Jivanmukta sono del tipo bhoga hetu, che causano gioia; esse non creano attaccamento.