Tu sei Dio e ci sei solo tu,
questa è la prima cosa di cui devi convincerti.
È inutile avere tante esperienze dirette
se poi continui a prendere la stessa droga
mantenendo l’illusorio punto di vista umano.
Non c’è nessuna molteplicità,
questa è la seconda cosa di cui devi convincerti.
Se stai pensando in termini di tu ed altri
sei fuori dalla Verità.
Pondera profondamente questa distorsione della Verità
fino ad eliminare l’aberrazione.
Questo intendo quando dico ‘devi convincenti’,
intendo che devi andare attraverso un’indagine
della droga di maya,
cioè di quel che sembra scontato.
Tu sei Dio e sei sempre nel sahaja samadhi,
sei già realizzato.
Perché non te ne accorgi?
Perché c’è un falso io che chiacchiera
e proietta un mondo a misura delle sue credenze e dei suoi giudizi.
Quando tace per prima cosa scopri la meraviglia del Silenzio,
poi, come passo successivo,
il Silenzio apre il sipario della Magnificenza di Dio.
Allora sei attratto, sempre di più…
Da cittadino del mondo diventi cittadino di Dio.
Poi l’attrazione aumenta un bel po’
e divieni ‘incantato’ da Dio.
Allora non puoi che abbandonarti nel silenzio della mente.
Il piccolo io si eclissa e ti fondi con Lui.
Sei nel samadhi.
L’unità del samadhi non è l’unità con tutte le cose!!!
Non ci sono altri né cose.
È l’unità con l’Uno senza secondo!!!
Sì, i sensi dei tuoi corpi percepiscono altri e cose
ma tu dovresti vedere solo il vero IO, nient’altro!!!
Se vedi altri e cose
la tua indagine non è finita.
Una volta dei devoti chiesero a Sri Ramana di unirsi a loro per un pellegrinaggio. Ramana declinò l’invito commentando: “A che serve che io vada da qualche parte? Non posso vedere niente”. Intendeva dire che da qualunque parte andasse e qualsiasi cosa gli venisse mostrata vedeva sempre e solo lo stesso Sé.
Tu che sei un aspirante avanzato
quando ricadi nel sogno-droga richiamati alla Realtà:
IO, IO, IO, IO, IO… UNO senza secondo…
Sii forte, inesorabile e determinato in questo,
la realizzazione non è per caratteri deboli.
Shankara lo diceva in altro modo,
diceva che l’aspirante alla liberazione
non può non avere un temperamento ‘maschile’.