— Krishnamurti diceva: “Penso che ci sono tre cose che dobbiamo comprendere molto profondamente se vogliamo afferrare tutti i movimenti della vita: il tempo, il dolore e la morte. Per comprendere il tempo, per conoscere il pieno significato del dolore e per vivere con la morte, per tutte queste cose è necessaria la chiarezza dell’amore” (I discorsi di Saanen, 1964).
— Sì, possono essere parole ispiranti in qualche contesto, ma credo servano a indirizzare sul sentiero spirituale chi è agli inizi, perché vi sono un sacco di concetti, e quindi di presunte cose che dovrebbero esistere e che invece non ci sono per niente nella Realtà Suprema, cioè l’UNICA REALTÀ, chiamala Sé, Shiva, Brahman, Dio, puro Amore, pura Coscienza, puro Essere, Quello, come preferisci…
Le cose così come sono, sono più semplici e straordinariamente meravigliose. A un certo punto c’è l’esperienza dell’UNITÀ, cioè l’esperienza che e tutto è il Sé: manifesto, immanifesto, sofferenza, piacere relativo, peccato, virtù… Tutto è il Sé (anche Krishnamurti e i suoi discorsi), e tutto è perfetto, e tu sei Quello. Se persino la sofferenza è il Sé perfetto, cosa ti può portare fuori nella mente ad essere un io individuale che si oppone a qualcosa altro da sé?
Le comprensioni relative: vita, tempo, dolore, morte… vanno bene, possono rimuovere identificazioni, ma bisogna riconoscere che si è all’interno della mente e dunque dell’illusione. La comprensioni fondamentale sul piano spirituale è una sola: tutto è il Sé e non c’è nient’altro che il Sé. C’è poco da lavorare per la mente…