Quando ci abituiamo a scendere consapevolmente in alfa-theta, cioè nello stato onirico o pre-onirico, dopo un po’ ci rendiamo chiaramente conto che ciò che pensiamo va immediatamente a creare la realtà che ci appare. Allora la mente viene considerevolmente relativizzata.
Ma quali sono le colonne portanti della mente?
Yogeshwar (Charles Berner) le raffigurò con un mandala costituito da un quadrato. I quattro lati del mandala sono Tempo, Spazio, Materia, Energia e al centro del quadrato c’è Essere. Però l’essere del quadrato della mente non è il Brahman universale e impersonale, ma l’io personale.
Queste colonne non son altro che le prime impressioni che incontra la coscienza quando si riduce a un punto di vista nel gioco della creazione. La prima identificazione è con l’impressione di Spazio, uno spazio immenso, illimitato; poi appare l’impressione di Energia (movimenti di luce); il movimento dell’energia attraverso lo spazio crea l’impressione del Tempo (quanto impiegano le particelle di energia per andare dal punto A al punto B?); una successiva condensazione dell’energia crea l’impressione di peso, solidità, cioè l’impressione di Materia (quando un sentimento negativo si condensa non diciamo forse “Ho un peso”, “Ho come un macigno nello stomaco”?). Al culmine appare l’impressione di un Io individuale-personale-separato.
La mia idea è attaccare le quattro colonne della mente, e di seguito l’io personale, con dei procedimenti molto semplici quanto efficaci. Le istruzioni-koan ripetitive sono:
● Pensa a futuro
● Pensa a passato
● Pensa a presente
● Pensa a spazio
● Pensa a materia
● Pensa a energia
● Pensa a io personale
L’aspirante sceglie la prima istruzione della lista e lavora su quella fino a conclusione, poi passa a quella seguente. Dà l’istruzione alla propria mente e osserva cosa la mente fa apparire di conseguenza. Si attiva così un potente mind clearing fino al collasso del concetto processato; quindi si passa al concetto successivo. Non sarebbero procedimenti per principianti, ma più adatti a chi ha già visto, attraverso esperienze dirette, la natura illusoria dell’universo apparente. Però chissà? Dipende da chi è quel principiante e dalle sue motivazioni.
Una volta iniziato un procedimento, il koan-istruzione lavora da solo; è sufficiente ricordarlo più volte durante la giornata e dedicargli qualche seduta quotidiana. Il procedimento si conclude quando crolla il concetto posto sotto osservazione. Può durare un certo tempo, ma in ragione del risultato ottenuto si tratta comunque di un tempo assai breve. Inoltre le quattro colonne sono collegate l’una all’altra. Collassata una colonna, anche le altre tre vengono indebolite. Resta per ultimo il concetto io-personale. Demolito quello, l’identità del jiva si trasferisce al vero Sé.
Questo è un modo diverso di fare autoindagine. Lo collocherei a metà strada tra il dimorare e il ragionamento superiore. Peccato che non ho più un gruppo, vi avrei dedicato dei ritiri diadici. Ma si può facilmente lavorare in questo modo anche da soli.
Vediamo…