La domanda è: qual è il vero sé?
È il corpo, il senso dell’io individuale, la personalità, la persona che include tutte e tre le cose?
Quando vengono al Ritiro di Autoindagine di norma le persone scoprono il loro vero sé. Poi però continuano a sentirsi un ego e a comportarsi di conseguenza perché… SONO ABITUATI COSÌ!
Si comportano come l’ubriaco che aveva perso le chiavi in un posto, ma le cercava in un altro perché là cera più luce (cioè il conforto dell’abitudine).
Come si fa ad andare oltre tutta l’inerzia di quell’abitudine?
Solo un metodo: lo sforzo improbo! E cioè il trovarsi quasi sempre a dover superare qualcosa che è oltre le proprie forze. Almeno come percezione, che è in realtà una percezione che vi trasmette la mente che si trova a fare qualcosa che non conosce e a cui non è abituata. Poi immancabilmente scoprite che dopo un po’ che praticate le porte della consapevolezza si schiudono mostrandovi orizzonti inimmaginati.
Sforzo improbo significa dedizione, assoluta e continua, e ciò significa che il vostro desiderio per la realizzazione è superiore a tutti gli altri.
Quando venite al Ritiro scoprite la vostra vera natura perché il Ritiro vi dispone alla dedizione continua al Sé e alla pratica, praticamente non potete fare altro. Ma quanti si propongono realmente di continuarla a casa. Delle parecchie persone che partecipano ai Ritiri e hanno esperienze dirette, solo un ristrettissimo numero, il 6-7%, decide di affidarsi alla guida di un maestro e di praticare un sadhana regolare.